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sabato 8 agosto 2015

FRANCESCO MAINO: CARTONGESSO (EINAUDI, 2014)



"noi siamo dei tecnici, gli applicatori acritici di norme grossolane, titolari o graduati che svolgono compiti tecnici, esautorati d'ogni forza morale, privi di passione civile. La maggior parte degli avvocati potrebbe fare tranquillamente i cartongessisti, gli idraulici, gli avvitatori, i pannellisti, gli impagliatori, gli imbalsamatori, gli assassini, i direttori di campi da lavoro, i fresatori, i tornitori, i vendemmiatori, i mugnai, eccetera, ma fanno questo lavoro, il lavoro dell'avvocato, con lo stesso pragmatismo tecnico dell'elettricista, lo hanno scelto unicamente per il fatto che i guadagni apparivano potenzialmente molto più alti, tra le professioni liberali, rispetto a quelle cosiddette manuali; non vi è più differenza d'approccio tra diritto e cartongesso, codici e malte, toga e cazzuola, io vergo d'altronde valanghe di atti con mero sforzo fisico-manuale, atti cui non credo e che sono funzionali al risultato tecnico auspicato o meglio impostomi dai clienti nemici, non mi è richiesta una conoscenza culturalmente avanzata in termini di umanesimo, un sapere inutile, mi è richiesto un sapere tecnico, di basso profilo, utile a risolvere una grana o ad abbattere l'ostacolo che impedisce il raggiungimento dell'obiettivo sconcio del cliente, il più delle volte un obiettivo illegittimo o illecito, dotato di una patente di conformità. L'economicità della professione, sul piano del lucro, fa la differenza rispetto a tutto; il capitale considera la manodopera solo se serve alla produzione: dunque noi non esistiamo, siamo come l'ultimo dei parrocchiani, e i colleghi non hanno compreso il significato di questo sconvolgimento antropologico. Noi ci siamo estinti, come umanisti, e non lo comprendiamo. È estinta la funzione che abbiamo sempre difeso. È estinta la nostra vita professionale. La toga è un'icona del passato, puro simbolismo, o folklore pacchiano"