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lunedì 18 luglio 2016

allagamento di azienda - risarcimento del lucro cessante per inidoneità delle opere pubbliche

Con la sentenza 373/2016 la Corte d’Appello di Salerno conferma la sussistenza di un possibile nesso causale tra l’allagamento subito da un’azienda e l’inidoneità delle opere pubbliche per lo smaltimento delle acque pluviali.
E’ pacifico che, a fronte della potestà della Pubblica Amministrazione di eseguire opere pubbliche, sussista comunque un limite inviolabile, costituito dall’insieme delle norme legislative e regolamentari, dalle regole tecniche nonché dai generali criteri di prudenza e diligenza fondati sul principio del neminem laedere, di cui all’art. 2043 Cod. Civ.  (Cfr. Cass. Civ. 18 05 2000 n° 6463; 12 11 1998 n° 11455; 23 04 1997 n° 3567).
 
La Corte Salernitana conferma anche la possibilità di determinare secondo criteri equitativi il  danno subito dall’azienda per l’allagamento, sempre considerando che, per giurisprudenza unanime, “il potere riconosciuto al giudice di liquidare il danno con valutazione equitativa non esonera la parte istante dall’onere di fornire gli elementi probatori ed i dati di fatto in suo possesso, al fine della precisa determinazione del danno stesso” (Cfr., ex multis, Cass. Civ. sez. III, 25 05 2004 n. 10023).
 
Con specifico riguardo ai proventi delle aziende è pacifico che “i danni derivanti dalla perdita di guadagno di un’attività commerciale per loro stessa natura evidenziano la pratica impossibilità di una precisa dimostrazione, sicchè l’esistenza del ricordato presupposto (prova impossibile o difficile dell’ammontare del danno) può dirsi <>” (così Cass. Civ., sez. III, 24 04 1997 n° 3596).
 
Circa le modalità per una sommaria quantificazione del danno da perdita di clientela, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che “il giudice può procedere ad una ricostruzione ideale degli utili che il creditore, che non ha l’onere di provare nel loro preciso ammontare, avrebbe conseguito per normale successione degli eventi ed in base a ragionevole probabilità” (Cass. Civ., sez. III, 19 08 2005 n° 12112).