Con la sentenza
373/2016 la Corte d’Appello di Salerno conferma la sussistenza di un possibile
nesso causale tra l’allagamento subito da un’azienda e l’inidoneità delle opere
pubbliche per lo smaltimento delle acque pluviali.
E’ pacifico che,
a fronte della potestà della Pubblica Amministrazione di eseguire opere
pubbliche, sussista comunque un limite inviolabile, costituito dall’insieme
delle norme legislative e regolamentari, dalle regole tecniche nonché dai
generali criteri di prudenza e diligenza fondati sul principio del neminem laedere, di cui all’art. 2043
Cod. Civ.
(Cfr. Cass. Civ. 18 05 2000 n° 6463; 12 11 1998 n° 11455; 23 04 1997
n° 3567).
La Corte
Salernitana conferma anche la possibilità di determinare secondo criteri
equitativi il danno subito dall’azienda
per l’allagamento, sempre considerando che, per giurisprudenza unanime, “il potere riconosciuto al giudice di
liquidare il danno con valutazione equitativa non esonera la parte istante dall’onere di fornire gli
elementi probatori ed i dati di fatto in suo possesso, al fine della precisa
determinazione del danno stesso” (Cfr., ex multis, Cass. Civ. sez. III, 25 05 2004 n. 10023).
Con specifico
riguardo ai proventi delle aziende è pacifico che “i danni derivanti dalla perdita di guadagno di un’attività commerciale
per loro stessa natura evidenziano la pratica impossibilità di una precisa
dimostrazione, sicchè l’esistenza del
ricordato presupposto (prova impossibile o difficile dell’ammontare del
danno) può dirsi <>” (così Cass. Civ., sez. III, 24 04 1997 n° 3596).
Circa le
modalità per una sommaria quantificazione del danno da perdita di clientela, la
giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che “il giudice può procedere ad una ricostruzione ideale degli utili che
il creditore, che non ha l’onere di provare nel loro preciso ammontare,
avrebbe conseguito per normale successione degli eventi ed in base a
ragionevole probabilità” (Cass. Civ., sez. III, 19 08 2005 n° 12112).