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venerdì 13 novembre 2009

PROCESSO BREVE O VISTA CORTA?

Si è appena accesa la polemica sulla proposta parlamentare di imporre un termine massimo di 6 anni alle cause penali. Tra tante critiche è soprprendente non aver ancora ascoltato alcune banali riflessioni:
1) si affronta ancora una volta il problema delle cause penali trascurando quelle civili, che durano in media almeno il doppio. Eppure le cause penali hanno già una durata certa, che è quella dell'attuale prescrizione, mentre le cause civili possono durare per tutta la vita dei loro protagonisti, a volte anche oltre.
Inoltre la durata delle cause penali non comporta normalmente alcun pregiudizio concreto per gli imputati, che subiranno le conseguenze della condanna solo all'eventuale passaggio in giudicato della sentenza. Opposta è invece la condizione di chi affronta una causa civile, perchè avrà già subito, prima del processo, una lesione che vedrà accertata e tutelata solo al termine almeno del primo grado di giudizio;
2) l'idea di assegnare termini uguali a ciascun grado di giudizio (2+2+2) è quantomeno incongruente, visto che, normalmente, solo nel primo grado c'è la necessità di acquisire tutte le prove; se proprio bisognava contenersi in 6 anni, sarrebbe stato più logico suddividere questo termine in 4+1+1;
3) la terminologia e le motivazioni contenute nella relazione allegata alla proposta di legge sono più tipiche di una delibera condominiale che di una procedura finalizzata ad accertare e punire quei fatti che la collettività ritiene particolarmente gravi: come è successo che la cultura giuridica italiana sia arrivata a questo?

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