Ai sensi dell’art. 8 L. 121/1985, la trascrizione dell’atto di matrimonio
contratto dinanzi al ministro di culto cattolico conferisce all’atto stesso
l’idoneità a produrre effetti civili nell’ordinamento italiano. Per effetto di
tale norma gli effetti civili destinati a prodursi per effetto della
conclusione di un matrimonio concordatario sono quelli propri dell’atto di
celebrazione del matrimonio trascritto nei registri dello stato civile, ossia
quelli di cui l’atto trascritto contiene tutti gli elementi previsti dalle
singole fattispecie. La trascrizione dell’atto assolve, dunque, alla funzione
di conferire efficacia ad un atto concluso in forme diverse da quelle previste
nel nostro ordinamento; conseguentemente, anche la scelta per il regime
patrimoniale della separazione dei beni contenuta nell’atto di matrimonio concluso
dinanzi ai ministri di culto cattolico, è idonea a spiegare effetti
nell’ordinamento vigente solo se della scelta vi è menzione nell’atto
trascritto, a seguito dell’indiretto conferimento di efficacia alla
convenzione;
La mancata indicazione nell’atto di matrimonio trascritto del
regime di separazione dei beni comporta l’impossibilità di riconoscere
efficacia alla dichiarazione effettuata dalle parti dinanzi al ministro di
culto.
Nel caso in esame, a seguito di ricorso per separazione giudiziale, il
Giudice delegato, nell’assumere i provvedimenti temporanei ed urgenti ex art.
708 c.p.c., attribuiva al marito l’abitazione della casa coniugale, ritenendo
che ne fosse esclusivo proprietario, tuttavia il presupposto della esclusiva
titolarità della casa coniugale risultava erroneo, considerato: 1) che
l’immobile era stato acquistato con atto
pubblico in data successiva alla celebrazione del matrimonio; 2) che dal
registro degli atti di matrimonio del Comune non risultava che i coniugi, alla
celebrazione del matrimonio, avessero scelto il regime patrimoniale della
separazione dei beni.
Pertanto, con ricorso ex artt. 700, 708 e 177 cpc, la moglie chiedeva
in via cautelare la modifica dell’ordinanza presidenziale e l’attribuzione
della casa coniugale, ritenendo di esserne comproprietaria in forza dell’art.
177 C.C.
Nel costituirsi il marito esibiva certificato rilasciato dal parroco
nel quale si attestava che, alla celebrazione del matrimonio, i coniugi avevano
fatto dichiarazione di scegliere il regime patrimoniale di separazione dei
beni.
Il Giudice adito, pur constatata la omessa menzione nei registri
comunali della scelta del regime patrimoniale coniugale, rigettava il ricorso motivando
che “non può negarsi che i coniugi, in sede di celebrazione, abbiano
effettivamente scelto il regime di separazione in maniera sicuramente valida ex
art. 162 Cod. Civ..
Ad opinione della ricorrente tale motivazione costituiva una errata
applicazione delle norme che disciplinano la trascrizione delle convenzioni
matrimoniali, infatti:
I)
Il giudice adito ha ritenuto non indispensabile, ai fini dell’efficacia, la
trascrizione nei registri dello stato civile delle convenzioni matrimoniali
stipulate nel corso del matrimonio; per individuare i principi che disciplinano
la fattispecie è opportuno richiamare brevemente le norme di riferimento.
L’art.
162 cod. civ., stabilisce che “le convenzioni matrimoniali devono essere
stipulate per atto pubblico, a pena di nullità”, ed al comma 2 che “la
scelta del regime di separazione può anche essere dichiarata nell’atto di
celebrazione del matrimonio”. Tuttavia tale norma disciplina
esclusivamente le convenzioni patrimoniali dichiarate nel corso del matrimonio
civile, celebrato innanzi all’Ufficiale di Stato civile, mentre, ai sensi
dell’art. 82 cod. civ. i matrimoni celebrati davanti al ministro del culto
cattolico sono regolati dalla legge speciale del 25 marzo 1985 n°121,
contenente modifiche al concordato lateranense del 1929.
In particolare l’art. 8 L. 121/1985 statuisce che “sono
riconosciuti gli effetti civili ai matrimoni contratti secondo le norme del
diritto canonico a condizione che l’atto relativo sia trascritto
nei registri dello stato civile, previe pubblicazioni nella casa comunale”.
In altri termini, la trascrizione dell’atto di matrimonio nei Registri dello
stato civile costituisce condizione necessaria perché ai matrimoni canonici
possano essere riconosciuti effetti civili, tra i quali quelli derivanti dalla
scelta del regime patrimoniale speciale di separazione dei beni.
Riguardo al termine per la trascrizione è inoltre previsto che “la
richiesta di trascrizione è fatta per iscritto dal parroco non oltre cinque
giorni dalla celebrazione. L’Ufficiale di stato civile, ove sussistano le
condizioni per la registrazione, la effettua entro ventiquattr’ore dal
ricevimento dell’atto”.
In merito infine alla possibilità di una trascrizione tardiva è
stabilito che “la trascrizione può essere effettuata anche posteriormente su
richiesta dei due contraenti o anche di uno di essi con la conoscenza e
senza l’opposizione dell’altro”.
Tale disciplina normativa della trascrizione degli atti nel matrimonio
religioso cattolico è finalizzata alla costituzione di formalità idonee a
garantire l’effettiva corrispondenza della volontà di entrambi i coniugi a
quanto da essi dichiarato nel corso della celebrazione religiosa nonché la
pubblicità di tali dichiarazioni. Infatti, come ben chiarito nella norma
richiamata, il parroco celebrante non
acquista la qualità di pubblico ufficiale per il solo fatto di celebrare il
matrimonio, perché tale qualità è condizionata all’ulteriore
requisito della trascrizione dell’atto
nei registri dello stato civile. (Cfr. sul punto Cass. Civ. sez. I, 19 06
2001 n° 8312). Pertanto il matrimonio religioso non produce quegli effetti
civili, quali il regime patrimoniale speciale, la cui scelta non si sia
manifestata nelle forme richieste dalla legge.
La
ratio della norma, individuata nella necessità che, per l’esercizio delle
potestà di controllo e di pubblicità indispensabili alla valida costituzione di
un regime patrimoniale speciale, l’attività del ministro religioso sia
integrata da quella del pubblico ufficiale civile, è ribadita nella disciplina
della trascrizione tardiva, che è consentita solo su congiunta richiesta dei
coniugi ovvero con la conoscenza e senza l’opposizione dell’altro.
Tale specifica previsione dimostra ulteriormente come la semplice
volontà dei contraenti, pur inequivocabilmente espressa all’atto della
celebrazione e così raccolta dal celebrante, non è sufficiente alla produzione
di effetti civili, giacchè, ove la trascrizione non sia stata effettuata nel
breve termine di cinque giorni dalla celebrazione, la volontà dei coniugi perde
ogni efficacia ed è necessario che sia rinnovata in una formale istanza
congiunta rivolta all’Ufficiale di stato civile.
Il punto trova conferma nel principio giurisprudenziale secondo il
quale “la frattura temporale tra celebrazione e trascrizione esclude ogni
rilevanza ad una volontà precedentemente espressa di ottenere la trascrizione
del vincolo manifestata in occasione degli adempimenti stessi” (C.fr.
Cass. Civ., sez. I, 24 03 1994 n° 2893).
Infatti la volontà dei coniugi di optare per il regime della
separazione dei beni – insita negli stessi adempimenti che devono accompagnare
la celebrazione religiosa (le preventive pubblicazioni, la lettura degli
articoli del Codice Civile, la redazione dell’atto di matrimonio in doppio
originale) – se può essere presunta quando il procedimento preliminare alla
trascrizione avvenga con la normale concentrazione prevista dalla legge, non
può più esserlo quando si verifica una “frattura temporale” tra gli atti
espressivi della volontà indirizzata agli effetti civili e gli atti successivi
di richiesta e relativa trascrizione.
II) Alla luce delle considerazioni svolte, il principio adottato dal
Giudice che ha rigettato l’istanza cautelare, secondo il quale per la scelta
del regime patrimoniale speciale sarebbero sufficienti le dichiarazioni rese
dai coniugi innanzi al ministro religioso, appare palesemente difforme dalla
disciplina normativa di specie.
E’ altresì opportuno sottolineare che tale principio, se applicato,
produrrebbe evidenti distorsioni nel sistema
delle convenzioni patrimoniali, infatti:
A) Il
nostro ordinamento non attribuisce alle dichiarazioni rese innanzi al ministro
di un culto religioso, ove non siano rispettate le ulteriori formalità di
legge, una efficacia differente rispetto ad ogni altra manifestazione di
volontà che non sia stata resa in forma
pubblica. Ove invece si ritenesse che le dichiarazioni rese nel corso della
celebrazione del matrimonio religioso siano produttive di peculiari effetti
giuridici, tale speciale efficacia non potrebbe essere limitata alle
celebrazioni cattoliche, pena la violazione del principio costituzionale della
eguaglianza religiosa, ma dovrebbe, necessariamente, riguardare anche i
matrimoni celebrati secondo ogni altro culto ammesso nello Stato. Pertanto, pur
in assenza di ogni controllo da parte dell’autorità civile, dovrebbero
ritenersi validamente costituite con la semplice dichiarazione resa innanzi al
ministro religioso anche le convenzioni patrimoniali stipulate nel corso dei
matrimoni celebrati, ad es., dalla chiesa valdese, dalle chiese cristiane
avventiste del VII giorno o dalla comunità israelitica italiana.
B) La
dichiarazione di scelta del regime patrimoniale resa innanzi al ministro
religioso resterebbe priva di quella duplice forma di pubblicità prevista per
le convenzioni matrimoniali che è sì cumulativa ma prevede fini ed effetti
diversi, giacchè la trascrizione nei
Registri dello stato civile ha efficacia costitutiva, mentre la trascrizione
nei pubblici registri immobiliari ha solo efficacia dichiarativa-ricognitiva ai
fini dell’opponibilità a terzi dell’atto.
C) La
dichiarazione resa nel corso della celebrazione verrebbe a vincolare i coniugi
più della loro stessa volontà, ove, ad
es., essi, in mancanza di trascrizione tempestiva, abbiano in seguito tacitamente
deciso di rinunciare alla medesima, optando così per il regime legale generale
della comunione dei beni: in tale ipotesi non potrebbero far valere tale
concorde volontà, manifestata tacitamente, a fronte della dichiarazione
precedentemente resa innanzi al parroco celebrante, alla quale verrebbe
attribuita, ipso facto, efficacia normativa.
Il Giudice del reclamo ha così accolto la prospettazione del
reclamante, accertando, in via incidentale, che la mancata trascrizione del
matrimonio religioso impedisce che da questo possano derivare effetti civili
quali la comunione dei beni.
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