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lunedì 19 settembre 2016

MATRIMONIO CONCORDATARIO – TRASCRIZIONE NEI REGISTRI DELLO STATO CIVILE – EFFETTI – MANCATA TRASCRIZIONE DEL REGIME PATRIMONIALE FACOLTATIVO – INEFFICACIA DEL REGIME DI SEPARAZIONE DEI BENI.






Ai sensi dell’art. 8 L. 121/1985, la trascrizione dell’atto di matrimonio contratto dinanzi al ministro di culto cattolico conferisce all’atto stesso l’idoneità a produrre effetti civili nell’ordinamento italiano. Per effetto di tale norma gli effetti civili destinati a prodursi per effetto della conclusione di un matrimonio concordatario sono quelli propri dell’atto di celebrazione del matrimonio trascritto nei registri dello stato civile, ossia quelli di cui l’atto trascritto contiene tutti gli elementi previsti dalle singole fattispecie. La trascrizione dell’atto assolve, dunque, alla funzione di conferire efficacia ad un atto concluso in forme diverse da quelle previste nel nostro ordinamento; conseguentemente, anche la scelta per il regime patrimoniale della separazione dei beni contenuta nell’atto di matrimonio concluso dinanzi ai ministri di culto cattolico, è idonea a spiegare effetti nell’ordinamento vigente solo se della scelta vi è menzione nell’atto trascritto, a seguito dell’indiretto conferimento di efficacia alla convenzione;
La mancata indicazione nell’atto di matrimonio trascritto del regime di separazione dei beni comporta l’impossibilità di riconoscere efficacia alla dichiarazione effettuata dalle parti dinanzi al ministro di culto.




Nel caso in esame, a seguito di ricorso per separazione giudiziale, il Giudice delegato, nell’assumere i provvedimenti temporanei ed urgenti ex art. 708 c.p.c., attribuiva al marito l’abitazione della casa coniugale, ritenendo che ne fosse esclusivo proprietario, tuttavia il presupposto della esclusiva titolarità della casa coniugale risultava erroneo, considerato: 1) che l’immobile  era stato acquistato con atto pubblico in data successiva alla celebrazione del matrimonio; 2) che dal registro degli atti di matrimonio del Comune non risultava che i coniugi, alla celebrazione del matrimonio, avessero scelto il regime patrimoniale della separazione dei beni.
Pertanto, con ricorso ex artt. 700, 708 e 177 cpc, la moglie chiedeva in via cautelare la modifica dell’ordinanza presidenziale e l’attribuzione della casa coniugale, ritenendo di esserne comproprietaria in forza dell’art. 177 C.C.
Nel costituirsi il marito esibiva certificato rilasciato dal parroco nel quale si attestava che, alla celebrazione del matrimonio, i coniugi avevano fatto dichiarazione di scegliere il regime patrimoniale di separazione dei beni.
Il Giudice adito, pur constatata la omessa menzione nei registri comunali della scelta del regime patrimoniale coniugale, rigettava il ricorso motivando che “non può negarsi che i coniugi, in sede di celebrazione, abbiano effettivamente scelto il regime di separazione in maniera sicuramente valida ex art. 162 Cod. Civ..
Ad opinione della ricorrente tale motivazione costituiva una errata applicazione delle norme che disciplinano la trascrizione delle convenzioni matrimoniali, infatti:
I) Il giudice adito ha ritenuto non indispensabile, ai fini dell’efficacia, la trascrizione nei registri dello stato civile delle convenzioni matrimoniali stipulate nel corso del matrimonio; per individuare i principi che disciplinano la fattispecie è opportuno richiamare brevemente le norme di riferimento.
L’art. 162 cod. civ., stabilisce che “le convenzioni matrimoniali devono essere stipulate per atto pubblico, a pena di nullità”, ed al comma 2 che “la scelta del regime di separazione può anche essere dichiarata nell’atto di celebrazione del matrimonio”. Tuttavia tale norma disciplina esclusivamente le convenzioni patrimoniali dichiarate nel corso del matrimonio civile, celebrato innanzi all’Ufficiale di Stato civile, mentre, ai sensi dell’art. 82 cod. civ. i matrimoni celebrati davanti al ministro del culto cattolico sono regolati dalla legge speciale del 25 marzo 1985 n°121, contenente modifiche al concordato lateranense del 1929.
In particolare l’art. 8 L. 121/1985 statuisce che “sono riconosciuti gli effetti civili ai matrimoni contratti secondo le norme del diritto canonico a condizione che l’atto relativo sia trascritto nei registri dello stato civile, previe pubblicazioni nella casa comunale”. In altri termini, la trascrizione dell’atto di matrimonio nei Registri dello stato civile costituisce condizione necessaria perché ai matrimoni canonici possano essere riconosciuti effetti civili, tra i quali quelli derivanti dalla scelta del regime patrimoniale speciale di separazione dei beni.
Riguardo al termine per la trascrizione è inoltre previsto che “la richiesta di trascrizione è fatta per iscritto dal parroco non oltre cinque giorni dalla celebrazione. L’Ufficiale di stato civile, ove sussistano le condizioni per la registrazione, la effettua entro ventiquattr’ore dal ricevimento dell’atto”.
In merito infine alla possibilità di una trascrizione tardiva è stabilito che “la trascrizione può essere effettuata anche posteriormente su richiesta dei due contraenti o anche di uno di essi con la conoscenza e senza l’opposizione dell’altro”.   
Tale disciplina normativa della trascrizione degli atti nel matrimonio religioso cattolico è finalizzata alla costituzione di formalità idonee a garantire l’effettiva corrispondenza della volontà di entrambi i coniugi a quanto da essi dichiarato nel corso della celebrazione religiosa nonché la pubblicità di tali dichiarazioni. Infatti, come ben chiarito nella norma richiamata,  il parroco celebrante non acquista la qualità di pubblico ufficiale per il solo fatto di celebrare il matrimonio, perché tale qualità è condizionata all’ulteriore requisito  della trascrizione dell’atto nei registri dello stato civile. (Cfr. sul punto Cass. Civ. sez. I, 19 06 2001 n° 8312). Pertanto il matrimonio religioso non produce quegli effetti civili, quali il regime patrimoniale speciale, la cui scelta non si sia manifestata nelle forme richieste dalla legge.
La ratio della norma, individuata nella necessità che, per l’esercizio delle potestà di controllo e di pubblicità indispensabili alla valida costituzione di un regime patrimoniale speciale, l’attività del ministro religioso sia integrata da quella del pubblico ufficiale civile, è ribadita nella disciplina della trascrizione tardiva, che è consentita solo su congiunta richiesta dei coniugi ovvero con la conoscenza e senza l’opposizione dell’altro.
Tale specifica previsione dimostra ulteriormente come la semplice volontà dei contraenti, pur inequivocabilmente espressa all’atto della celebrazione e così raccolta dal celebrante, non è sufficiente alla produzione di effetti civili, giacchè, ove la trascrizione non sia stata effettuata nel breve termine di cinque giorni dalla celebrazione, la volontà dei coniugi perde ogni efficacia ed è necessario che sia rinnovata in una formale istanza congiunta rivolta all’Ufficiale di stato civile.
Il punto trova conferma nel principio giurisprudenziale secondo il quale “la frattura temporale tra celebrazione e trascrizione esclude ogni rilevanza ad una volontà precedentemente espressa di ottenere la trascrizione del vincolo manifestata in occasione degli adempimenti stessi” (C.fr. Cass. Civ., sez. I, 24 03 1994 n° 2893).
Infatti la volontà dei coniugi di optare per il regime della separazione dei beni – insita negli stessi adempimenti che devono accompagnare la celebrazione religiosa (le preventive pubblicazioni, la lettura degli articoli del Codice Civile, la redazione dell’atto di matrimonio in doppio originale) – se può essere presunta quando il procedimento preliminare alla trascrizione avvenga con la normale concentrazione prevista dalla legge, non può più esserlo quando si verifica una “frattura temporale” tra gli atti espressivi della volontà indirizzata agli effetti civili e gli atti successivi di richiesta e relativa trascrizione.
II) Alla luce delle considerazioni svolte, il principio adottato dal Giudice che ha rigettato l’istanza cautelare, secondo il quale per la scelta del regime patrimoniale speciale sarebbero sufficienti le dichiarazioni rese dai coniugi innanzi al ministro religioso, appare palesemente difforme dalla disciplina normativa di specie.
E’ altresì opportuno sottolineare che tale principio, se applicato, produrrebbe evidenti distorsioni nel sistema  delle convenzioni patrimoniali, infatti:
A)    Il nostro ordinamento non attribuisce alle dichiarazioni rese innanzi al ministro di un culto religioso, ove non siano rispettate le ulteriori formalità di legge, una efficacia differente rispetto ad ogni altra manifestazione di volontà  che non sia stata resa in forma pubblica. Ove invece si ritenesse che le dichiarazioni rese nel corso della celebrazione del matrimonio religioso siano produttive di peculiari effetti giuridici, tale speciale efficacia non potrebbe essere limitata alle celebrazioni cattoliche, pena la violazione del principio costituzionale della eguaglianza religiosa, ma dovrebbe, necessariamente, riguardare anche i matrimoni celebrati secondo ogni altro culto ammesso nello Stato. Pertanto, pur in assenza di ogni controllo da parte dell’autorità civile, dovrebbero ritenersi validamente costituite con la semplice dichiarazione resa innanzi al ministro religioso anche le convenzioni patrimoniali stipulate nel corso dei matrimoni celebrati, ad es., dalla chiesa valdese, dalle chiese cristiane avventiste del VII giorno o dalla comunità israelitica italiana.
B)    La dichiarazione di scelta del regime patrimoniale resa innanzi al ministro religioso resterebbe priva di quella duplice forma di pubblicità prevista per le convenzioni matrimoniali che è sì cumulativa ma prevede fini ed effetti diversi, giacchè  la trascrizione nei Registri dello stato civile ha efficacia costitutiva, mentre la trascrizione nei pubblici registri immobiliari ha solo efficacia dichiarativa-ricognitiva ai fini dell’opponibilità a terzi dell’atto.
C)    La dichiarazione resa nel corso della celebrazione verrebbe a vincolare i coniugi più della loro stessa volontà,  ove, ad es., essi, in mancanza di trascrizione tempestiva, abbiano in seguito tacitamente deciso di rinunciare alla medesima, optando così per il regime legale generale della comunione dei beni: in tale ipotesi non potrebbero far valere tale concorde volontà, manifestata tacitamente, a fronte della dichiarazione precedentemente resa innanzi al parroco celebrante, alla quale verrebbe attribuita, ipso facto, efficacia normativa.
Il Giudice del reclamo ha così accolto la prospettazione del reclamante, accertando, in via incidentale, che la mancata trascrizione del matrimonio religioso impedisce che da questo possano derivare effetti civili quali la comunione dei beni.

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