La sentenza di merito
recepisce il consolidato principio della giurisprudenza di legittimità (in
particolare: Cass. Civ., sezz. Unn. 16
06 2006 n. 13916), secondo il quale il processo tributario non si esaurisce in un
“giudizio sull’atto”, avendo invece ad oggetto la tutela di un diritto
soggettivo del contribuente ed estendendosi dunque al merito e quindi
all’accertamento del rapporto. Dunque “l’impugnazione davanti al giudice
tributario attribuisce a quest’ultimo la cognizione non solo dell’atto, come
nell’ipotesi di –impugnazione annullamento-, orientata unicamente
all’eliminazione dell’atto, ma anche del rapporto tributario, trattandosi di
una cd, –impugnazione merito-, perché
diretta alla pronuncia di una decisione di merito sostitutiva (nella specie)
dell’accertamento dell’amministrazione finanziaria, (…) Sicchè una volta
stabilito che il processo tributario non è solo un giudizio sull’atto, si deve
escludere che il giudicato esaurisca i
propri effetti nel limitato perimetro del giudizio in esito al quale si è
formato e se ne deve ammettere una potenziale capacità espansiva in un altro
giudizio tra le stesse parti, secondo regole non dissimili – nei limiti
della specificità tributaria – da quelle che disciplinano l’efficacia del
giudicato esterno nel processo civile”.
Le medesime Sezioni
Unite della Cassazione hanno evidenziato che nell’obbligazione tributaria “vi
sono elementi costituitivi della fattispecie a carattere (tendenzialmente)
permanente, in quanto entrano a comporre la fattispecie medesima per una pluratlità
di periodi d’imposta. Così lo sono, ad es., le qualificazioni giuridiche che
individuano vere e proprie situazioni di fatto (…) assunte dal legislatore
quali elementi preliminari per l’applicazione di una specifica disciplina
tributaria e per la determinazione in concreto dell’obbligazione per una pluralità
di periodi d’imposta (a valere cioè fino a quando quella qualificazione non sia
venuta meno fattualmente) … E’ innegabile che tali elementi, per la loro
caratteristica di eccedere il limitato arco temporale del periodo d’imposta assunto
dalla norma tributaria per la determinazione del dovuto, rimanendo costanti per
più periodi, e per la loro pregiudizialità nella costituzione della medesima
fattispecie tributaria oggetto del giudizio relativo ad ogni singolo periodo
d’imposta, possono essere oggetto di accertamento e l’eventuale giudicato
formatosi in un giudizio relativo ad ogni singolo periodo d’imposta può (e
deve) avere efficacia preclusiva nel giudizio relativo al medesimo tributo per
altro periodo d’imposta. Altrimenti si verrebbe a porre in discussione lo
stesso principio di effettività della tutela, alla cui asseverazione risponde
la cd. –efficacia regolamentare del giudicato- (e del giudicato tributario in
particolare), in base alla quale il primo giudicato (…) è idoneo a condizionare
ogni successivo giudizio, immutata restando la situazione fattuale e normativa.
(…) in buona sostanza si tratta di evitare una eccessiva enfatizzazione delle
autonomie dei periodi d’imposta, privilegiando
la possibile considerazione unitaria del tributo (periodico) dettata dalla sua
stessa ciclicità, nel rispetto, sul piano sostanziale, del principio di
ragionevolezza e, sul piano processuale, del principio della effettività della
tutela.”
Nella fattispecie
oggetto del giudizio d’appello, il giudice di primo grado aveva appunto violato
il principio del “giudicato tributario esterno”, negando alla situazione di
fatto accertata nel giudizio tributario l’efficacia preclusiva in altri giudizi
tra le medesime parti per il medesimo tributo.
In particolare, nel
giudizio tributario tra le medesime parti del presente appello si era accertata
l’insussistenza di occupazione di suolo pubblico e tale accertamento deve
ritenersi vincolante per le parti anche per i periodi d’imposta successivi a
quello oggetto del giudicato tributario.