N. 00030/2016 REG.PROV.COLL.
N. 01848/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1848 del 2012,
integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Helga Di Giaimo, rappresentata e difesa, come da mandato a margine del ricorso,
dall’avv. Alfonso Esposito, elettivamente domiciliata in Salerno, alla Via
Piave n. 1, presso lo studio dell’avv. E.De Vita;
contro
Comune di Castellabate, in persona del Sindaco pro
tempore, non costituito in giudizio;
U.T.C. del Comune di Castellabate, in persona del Funzionario Responsabile, non
costituito in giudizio;
nei confronti di
Maddalena Giaimo, rappresentata e difesa, giusta
mandato a margine della memoria di costituzione in giudizio, dall’avv. Vincenzo
Montone, domiciliata d’ufficio, ai fini del presente giudizio, presso la
segreteria del Tribunale;
(ricorso introduttivo)
a – della nota prot. n. 2306 del 6.09.2012, notificata
a mezzo posta in data 11.09.2012, ricevuta in data 21.09.2012, con cui
l’amministrazione comunale di Castellabate (SA), e per essa il responsabile SUE
Arch. Maurizio Forziati, ha proceduto a comunicare quanto segue: “sulla base
della documentazione attualmente in possesso, non può procedere al rilascio del
permesso di costruire in quanto gli atti notarili trasmessi non confermano
quanto dichiarato dall’interessata ovvero che i fabbricati esistenti, per i
quali si prevede l’intervento di riqualificazione, sono stati realizzati prima
dell’anno 1967”;
b – di ogni altro atto, presupposto, connesso e
consequenziale, ostativo all’accoglimento del ricorso e comunque allo stato non
conosciuto;
(motivi aggiunti)
c – dell’ingiunzione a demolire n. 1950 del 19.08.2013
– solo di recente conosciuta, a seguito di deposito da parte del procuratore
legale della controinteressata, in data 4.12.2014, all’udienza di discussione
di merito e di cui si è appreso l’effettuazione di un’irrituale notifica, ai
sensi dell’art. 140/143 c.p.c. in data 28.11.2014, con relativo deposito presso
la casa comunale di Castellabate, avvenuta a mezzo messo notificatore comunale
con nota del 28.11.2014 prot. n. 29321 – con cui si è ingiunto un “illegittimo
oltre che generico” ordine di ripristino dello stato dei luoghi, per le
opere insistenti sulla particella n. 874 del foglio n. 23 del NCT;
d – della nota prot. n. 2306 del 6.09.2013 del
Responsabile dell’Ufficio Urbanistica del Comune di Castellabate, mai
notificata e/o comunicata nelle forme di legge, con cui si è proceduto, come
rilevato nel provvedimento impugnato sub c) a comunicare il diniego al
rilascio del permesso di costruire, richiesto dalla ricorrente, il cui
preavviso di diniego era stato impugnato con il ricorso introduttivo R.G. n.
1848/2012;
e – ove occorre, e per quanto di ragione, della nota
n. 29321 dell’ufficio notifiche del Comune di Castellabate, datata 28.11.2014,
con cui si è proceduto ad effettuare deposito presso la casa comunale ex
art. 140/143 c.p.c., pur non sussistendone i presupposti;
f – ove occorre, e per quanto di ragione, della nota
del 26.11.2014 a firma del Responsabile dell’Area VI del Comune di
Castellabate, con cui si è chiesto di procedere alla notifica dell’atto di
ingiunzione a demolire sub c) del 19.08.2013, sulla scorta di un
presunto vano tentativo effettuato in Roma;
g – di tutti gli atti presupposti, connessi e
consequenziali, allo stato ignoti, ma comunque ostativi all’accoglimento del
ricorso introduttivo e dei presenti motivi aggiunti.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi
allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Maddalena
Giaimo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2015
il dott. Giovanni Sabbato e uditi per le parti i difensori come specificato nel
verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto
segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso notificato in data 20 novembre 2012 e
ritualmente depositato il 19 dicembre successivo, la sig.ra Di Giaimo Helga,
rappresentata e difesa come in atti, impugna gli atti di cui in epigrafe,
invocandone l’annullamento.
Premette che, dopo aver acquistato una unità
immobiliare in Castellabate (SA), frazione San Marco, alla Via Marina n. 20,
veniva raggiunta da una serie di provvedimenti contingibili ed urgenti con cui
l’amministrazione comunale ordinava di intervenire tempestivamente su detto
immobile per evitare eventuali crolli. La ricorrente presentava, pertanto,
richiesta di permesso di costruire per la riqualificazione edilizia
dell’immobile in questione, che tuttavia veniva respinta, a seguito di
istruttoria sull’epoca di realizzazione dello stesso, sollecitata anche da
contestazioni scritte provenienti da soggetti confinanti, in quanto, come
testualmente affermato in sede motivazionale, “gli atti notarili trasmessi
non confermano quanto dichiarato dall’interessata ovvero che i fabbricati
esistenti, per i quali si prevede l’intervento di riqualificazione, sono stati
realizzati prima dell’anno 1967”.
Avverso tale determinazione, la ricorrente deduce le
seguenti censure:
1) violazione e falsa applicazione delle norme che
sovraintendono al procedimento amministrativo (legge 241/90), in quanto l’atto,
nell’invocare l’applicazione dell’art. 10 bis della l.n. 241/90,
assumerebbe i connotati di atto endoprocedimentale e pertanto sarebbe
contraddittorio rispetto all’indicazione dell’autorità e del termine per la
impugnazione;
2) violazione artt. 7, 8 e 10 legge 241/90 e art. 97
Cost. – eccesso di potere (difetto dei presupposti e di istruttoria –
arbitrarietà) – violazione del principio di correttezza e buon andamento
dell’azione amministrativa – violazione del giusto procedimento, per la pretesa
omissione dell’avviso di avvio procedimentale;
3) violazione di legge (art. 27 D.P.R. n. 380/2001 e 3
L.n. 241/90) – eccesso di potere (difetto assoluto del presupposto – di
motivazione – arbitrarietà –sviamento), in quanto sarebbe stata omessa la
necessaria dimostrazione dell’interesse pubblico, idoneo a sorreggere la
sanzione demolitoria di un immobile la cui risalenza sarebbe comprovata ex
actis;
4) violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della
L.n. 241/90 – carenza di motivazione – eccesso di potere (sviamento) –
violazione di legge D.P.R. n. 380/2001, perché sarebbe stata obliterata la
posizione di affidamento consolidatasi per effetto del lungo lasso di tempo
trascorso dalla edificazione del manufatto;
5) violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della
L.n. 241/90 – carenza di istruttoria e motivazione – eccesso di potere
(sviamento) – violazione di legge D.P.R. n. 380/2001, in quanto l’atto non
sarebbe assistito da adeguata istruttoria;
6) violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della
L.n. 241/90 – carenza di istruttoria e motivazione – eccesso di potere
(sviamento) – violazione di legge D.P.R. n. 380/2001, attesa la mancata
indicazione analitica degli atti in possesso dell’Amministrazione sulla base
dei quali è stata adottata la contestata determinazione.
Non si costituisce il Comune di Castellabate, ancorché
ritualmente intimato in giudizio.
Si costituisce invece, nella veste di
controinteressata, la sig.ra Giaimo Maddalena, al fine di eccepire
l’inammissibilità del ricorso e la sua infondatezza.
Con ricorso per motivi aggiunti, notificato il 23
gennaio 2015 e depositato il 19 febbraio successivo, la sig.ra Helga Di Giaimo
impugna la consequenziale ingiunzione di demolizione, meglio distinta in
epigrafe, relativa al manufatto in questione, deducendo le seguenti censure:
1) violazione delle regole di notifica – violazione
delle regole processuali amministrative in ordine al corretto contraddittorio –
violazione delle regole disciplinanti il domicilio convenzionale – nullità
radicale dell’atto, trattandosi di atto recettizio che, per avere efficacia,
necessita di entrare nella sfera cognitiva dell’interessato – destinatario –
eccesso di potere – difetto del presupposto – omessa applicazione delle regole
processuali – arbitrarietà, in quanto l’atto impugnato sarebbe stato notificato
irritualmente in maniera da incorrere in nullità radicale;
2) stesse censure di cui al motivo che precede, per la
pretesa erronea applicazione dell’iter procedimentale di notifica alla
luce di tutte le numerose incombenze che esso prevede;
3) ed ancora sugli effetti della elezione di domicilio
– violazione di legge processuale – nullità di atto recettizio mai entrato
nella sfera cognitiva dell’interessata, perché sarebbe stato necessario
procedere attraverso la notifica al domiciliatario, regolata dall’art. 141 c.p.c.;
4) QUANTO AL PROVVEDIMENTO CONCLUSIVO DI DINIEGO DEL
PERMESSO DI COSTRUIRE (PROT. N. 2306/2013), MAI NOTIFICATO E/O COMUNICATO –
violazione di legge (art. 3 L. 1150/1942, legge 765/1967) – eccesso di potere –
difetto del presupposto – arbitrarietà – illegittimità manifesta – erroneità,
in quanto l’Amministrazione avrebbe omesso di verificare la data del presunto
abuso edilizio, per giunta discostandosi dalla ricostruzione cronologica
notarile dalla quale emergerebbe che l’immobile risale ad epoca antecedente al
1967, quindi prima dell’introduzione dell’obbligo di conseguimento della
licenza edilizia;
5) violazione di legge (legge 241/90) – eccesso di
potere – difetto del presupposto – di motivazione – difetto di istruttoria –
illogicità, in quanto l’Amministrazione si sarebbe limitata a svolgere indagini
catastali, senza considerare che la provenienza dell’intera consistenza del
fabbricato è ancorata ad una sentenza di usucapione dell’11.10.1977 e detto
immobile è parte di una maggiore consistenza di un vecchio agglomerato urbano
su cui pendono volture catastali inevase o errate;
6) violazione di legge (ex art. 10 bis
legge 241/90) – eccesso di potere – difetto di istruttoria – difetto dei
presupposti – arbitrarietà – difetto di motivazione, in quanto il previo
provvedimento di diniego, citato nell’ingiunzione impugnata, non sarebbe mai
stato comunicato nelle forme di legge;
7) violazione di legge – eccesso di potere – difetto
del presupposto – di motivazione – difetto di istruttoria – illogicità
manifesta: l’ordinanza di demolizione sarebbe illegittima per essere stata
omessa la necessaria descrizione della parte del fabbricato da demolire,
ricadente sulla particella 874;
8) violazione di legge (artt. 22, 34, 36 e 37 D.P.R.
380/2001) – violazione di legge (art. 3 L. 241/90) – eccesso di potere (difetto
assoluto di istruttoria – di motivazione – perplessità – illogicità manifesta –
travisamento dei fatti) – erroneità nei presupposti di fatto e di diritto:
l’ordinanza di demolizione sarebbe illegittima per essere stata omessa la
necessaria valutazione dei presupposti per l’applicazione della sanzione
pecuniaria.
Alla camera di consiglio del 19 marzo 2015, la domanda
cautelare è accolta alla luce del danno lamentato.
In prossimità dell’udienza di trattazione del merito
dei ricorsi proposti, entrambe le parti costituite depositano memorie e
documentazioni insistendo per le rispettive conclusioni.
Alla pubblica udienza dell’8 ottobre 2015, sulle
reiterate conclusioni delle parti costituite, il ricorso, e relativi motivi
aggiunti, sono trattenuti in decisione.
I. Va preliminarmente disattesa l’eccezione di
inammissibilità del ricorso introduttivo, sollevata dalla resistente
controinteressata, assumendo la natura endo-procedimentale – e pertanto non
lesiva – dell’atto impugnato, atteso che, dal suo complessivo tenore si ricava
agevolmente la sua essenza di atto terminale del procedimento innescato
dall’istanza edificatoria avanzata dalla ricorrente. Nonostante nel corpo dello
stesso si richiami expressis verbis l’art. 10 bis della legge n.
241/90 e si informi il destinatario della possibilità di presentare “proprie
osservazioni”, in tal modo alludendo al diaframma dialogico che connota il
preavviso di diniego, il contenuto decisorio del provvedimento si desume non
solo dalle indicazioni, recate in calce allo stesso, relative all’autorità ed
al termine per la impugnazione, ma dalle sue stesse ampie articolazioni, che si
attagliano alla motivazione dell’atto finale denegante piuttosto che alla mera
formulazione dei motivi ostativi, come previsto dalla norma su citata. Ma
denota tale qualificazione dell’atto la successiva evoluzione della vicenda,
avendo l’Amministrazione adottato l’ingiunzione di demolizione ponendo a suo
fondamento proprio la nota in parola, anche se riportando erroneamente la data
di adozione (06.09.2013 in luogo di 06.09.2012 con il medesimo numero di
protocollo). Il Collegio ritiene quindi di convenire con quanto si assume da
parte resistente in ordine alla inesistenza del diniego di permesso di costruire
espressamente impugnato con il gravame integrativo, essendo del tutto
verosimile che l’Amministrazione sia incorsa in errore nel riportarne gli
estremi, anche perché l’ingiunzione di demolizione del 29/08/2013 non può
fondarsi su un atto del 06/09/2013, ovverosia adottato successivamente al
primo. E’ quindi la stessa Amministrazione a riconoscere, per comportamento
concludente, nella nota prot. n. 2306 del 6.09.2012, l’atto terminale del
procedimento edilizio quale diniego dell’istanza di permesso di costruire. La
reiezione dell’eccezione di improcedibilità del ricorso introduttivo non può
non comportare, di conserva, la inammissibilità di ogni censura sollevata in
sede di gravame integrativo avverso l’inesistente provvedimento di diniego del
06.09.2013.
II. Transitando al merito delle censure articolate, se
ne deve ravvisare l’infondatezza.
II.1. Col primo mezzo, parte ricorrente si duole della
intrinseca contraddittorietà del provvedimento, che ne renderebbe dubbia la
natura di atto endoprocedimentale ovvero terminale. La censura non è in grado
di inficiare la legittimità dell’atto, riverendosi sul solo piano
interpretativo, secondo le regole stabilite per i contratti dagli artt. 1362 e
ss. c.c., tra le quali assume carattere preminente quella collegata all'interpretazione
letterale, in quanto compatibile con il provvedimento amministrativo, ma che
non assolve il giudice dal compito di ricostruire l'intento perseguito
dall'Amministrazione ed il potere concretamente esercitato sulla base del
contenuto complessivo dell'atto (c.d. interpretazione sistematica) nel rispetto
del principio di buona fede interpretativa (art. 1366 c.c.) di guisa che gli
effetti del provvedimento, devono essere individuati solo in base di ciò che il
destinatario può ragionevolmente intendere (Consiglio di Stato, sez. V, 09
ottobre 2015, n. 4684). Si sono sopra esposte le ragioni per le quali l’atto in
contestazione deve ritenersi avente il valore di atto terminale del
procedimento quale diniego definitivo dell’istanza edificatoria. La censura va
quindi respinta.
II.2. Non coglie nel segno il secondo motivo di
gravame, in quanto la norma in cotal sede invocata (art. 7 della l.n. 241/90)
non si attaglia alla fattispecie in esame, connotata dall’attivazione di un
procedimento ad istanza di parte e per la quale l’ordinamento prevede il
diverso strumento del preavviso di diniego per assicurare la partecipazione
dell’interessato. Laddove parte ricorrente intendesse lamentare proprio la
mancanza di diaframma procedimentale, stante l’effettiva natura dell’atto
impugnato di definitivo diniego dell’istanza di parte, il rilievo non avrebbe
la sospirata ricaduta patologica, in ossequio al principio di dequotazione dei
vizi formali che involge anche la previsione di cui all’art. 10 bis l.n.
241/90. Si ritiene, infatti, da condivisibile giurisprudenza (T.A.R. Napoli –
Campania - sez. VII, 07 gennaio 2014, n. 1) che la violazione dell'art. 10 bis
della l. 7 agosto 1990 n. 241 non produce ex se l'illegittimità del
provvedimento finale, dovendosi interpretare la disposizione sul c.d. preavviso
di diniego alla luce del successivo art. 21 octies della medesima legge,
in base alla quale, laddove sia dedotto un vizio di natura formale, è imposto
al giudice di valutare il contenuto sostanziale del provvedimento e,
conseguentemente, di non annullare l’atto nell’ipotesi in cui la dedotta
violazione formale non abbia inciso sulla legittimità sostanziale dei
provvedimenti impugnati. Per le ragioni che si diranno al capo che segue, il
contributo dialogico che il ricorrente avrebbe potuto offrire all’attenzione
dell’Amministrazione in caso di partecipazione procedimentale non era
suscettibile di indurre determinazioni di segno diverso da quello assunto.
Anche il motivo in esame è quindi da respingere.
II.3. Inammissibili sono le censure di cui al terzo e
quarto mezzo di gravame, suscettibili - per il loro tenore - di trattazione
congiunta, in quanto calibrate con riferimento ad un ordine demolitorio che il
provvedimento non contiene. Esse sono comunque infondate, in quanto, come da
orientamento di questo Tribunale, peraltro confermato di recente (sez. II, 11
settembre 2015, n. 1846), l’attività di repressione degli abusi edilizi non
costituisce attività discrezionale, ma del tutto vincolata che non abbisogna di
particolare motivazione, essendo sufficiente fare riferimento all'accertata
abusività delle opere che si ingiunge di demolire: di tal che nemmeno il lungo
lasso di tempo intercorso tra la realizzazione dell'abuso e l'adozione del
provvedimento repressivo refluisce in un più stringente obbligo motivazionale
circa la sussistenza di un interesse pubblico attuale alla ingiunzione di
demolizione, atteso che non può ammettersi la consolidazione di un affidamento
degno di tutela solo in virtù del tempo trascorso, in costanza di una
situazione di fatto abusiva che non può ritenersi per ciò solo legittimata.
II.4. Infondati sono, infine, il quinto e sesto mezzo,
anch’essi suscettibili di trattazione congiunta, con i quali la ricorrente
lamenta, da un lato, il difetto di istruttoria, dall’altro, la mancata
indicazione analitica degli atti in possesso dell’Amministrazione sulla base
dei quali è stata adottata la contestata determinazione. La disamina dei
rilievi sollevati richiede una premessa di fondo, che investe la esatta distribuzione
dell’onere della prova in caso di edificazione di manufatti che si assume
precedente al 1967. Trattasi di un passaggio temporale senz’altro
significativo, se non addirittura fatidico, in quanto, com’è noto, l’obbligo di
richiedere la licenza edilizia (ora permesso di costruire) per realizzare nuove
edificazioni è stato introdotto dall’art. 31, legge urbanistica n. 1150 del
1942 esclusivamente per gli immobili situati nei centri urbani, ma solo a
seguito dell’approvazione della cd. legge ponte n. 765 del 1967, tale obbligo
di munirsi del titolo abilitativo ad edificare è stato esteso all’intero
territorio comunale. Ebbene, si afferma in giurisprudenza (T.A.R. Genova, sez.
I, 18 novembre 2013, n. 1389) che incombe sull’interessato l’onere di fornire
la prova circa l’edificazione dell’immobile fuori dal perimetro del centro
abitato prima dell’1 settembre 1967, per escludere la necessità del titolo
edilizio, mentre sulla P.A. grava l’onere di controllare l’attendibilità dei
fatti dedotti ex adverso, compiendo ogni opportuna verifica istruttoria
ed, eventualmente, contrapponendo ad essi le risultanze di proprie verifiche ed
accertamenti d’ufficio. Da tanto deriva l’infondatezza del quinto mezzo di
gravame, non potendosi condividere quanto dedotto da parte ricorrente in ordine
alla mancata dimostrazione di un principio di prova a carico
dell’Amministrazione comunale, oltre che della controinteressata. Ma infondato
è anche il sesto (ed ultimo) motivo di censura, che, per come formulato,
investe la questione di merito afferente all’effettiva epoca di realizzazione
del manufatto. A tal riguardo, parte ricorrente lamenta che l’Amministrazione
si sarebbe limitata ad usare la dicitura “visti gli atti in possesso
dell’ufficio”, senza quindi provvedere alla indicazione analitica della
documentazione posta a sostegno della determinazione negativa. Il rilievo non
trova riscontro nelle articolazioni contenutistiche dell’atto impugnato, nel
quale l’Amministrazione fornisce esatta contezza degli atti dalla possibile rilevanza
probatoria acquisiti nel corso del procedimento anche su iniziativa della
controinteressata sig.ra Giaimo Maddalena (trattasi, in particolare, di “una
serie di atti notarili e due fotografie a colori”). L’atto contiene quindi
esatto riferimento all’atto di compravendita per notaio Lucio Mazzarella del
04.10.2010, dell’atto notarile del notaio Cammarano del 24.04.1986,
precisandone, sia pur sinteticamente, le rispettive disposizioni traslative, ed
ha quindi concluso nel senso che “la particella n. 874, su cui risulta
realizzata una parte del fabbricato ceduto alla sig.ra Helga Di Giamo con
l’atto di compravendita per notaio Lucia Mazzarella del 04.10.2010, alla data
del 24.04.1986 (atto per notaio Cammarano) risultava non edificata e con
destinazione ad agrumeto”. Per tal via, l’Amministrazione ha dato ampia
contezza delle risultanze istruttorie acquisite agli atti del procedimento in
virtù di indicazioni analitiche e dettagliate dei relativi reperti documentali.
A fronte di ciò, la ricorrente, nemmeno in corso di giudizio, ha fornito
dimostrazione in ordine sia all’esternalità del manufatto rispetto al centro
abitato, come richiesto ai sospirati fini della non necessità di titolo
abilitativo, sia in ordine alla preesistenza dello stesso rispetto al 1967. Ha
prodotto, in data 09.09.2015, copia della sentenza ex Pretura di Agropoli,
Sentenza Civile n. 70/1977 quale atto attributivo, in favore di Giaimo
Costantino (originario dante causa dell’odierna ricorrente) del diritto di
proprietà sul compendio immobiliare costituito dai seguenti beni: “casa di
abitazione, sita alla via Marina n. 30 di San Marco di Castellabate, in catasto
alla partita n. 215 fol. 23 n. 6 piano terra cens. 1 categ. A/4 classe 1 vani
quattro e mezzo rend. catastale 252 coef. 45 e la porzione di terreno
circostante, riportato al catasto terreni di Castellabate alla partita n. 2759
fol. 23 n. 552 agrumeto classe II, are 1,85…”. Orbene, la descrizione
dell’immobile, disposto su un solo livello, non trova corrispondenza nei
successivi atti traslativi (donazione rep. n. 26626, racc. n. 12301 dell’anno
1986, per notar dott. Cammarano; atto di compravendita rep. n. 179913/14786 del
1990, per notar Cutrupia; atto notarile rep. n. 40780 racc. n. 19386 per notar
Mazzarella del 4.10.2010) in cui lo stesso immobile presenta una diversa
consistenza per essere disposto su due livelli, insistenti sulle particelle 6/b
e 6sub1, consistenza pertanto conseguita in epoca successiva al 1967. La difesa
della controinteressata ha inoltre prodotto in atti, in data 09.09.2015,
frazionamento, del 22.04.1986, della particella fg. 23, n. 874, che evidenzia
la insussistenza di edifici sulla particella medesima.
Per le esposte ragioni, il ricorso in esame va
respinto siccome del tutto infondato.
III. Parimenti infondato è il gravame integrativo.
III.1 Con i primi tre mezzi di gravame, suscettibili
di trattazione congiunta, parte ricorrente si duole del difetto di rituale
notifica sia del diniego del permesso di costruire, meglio distinto in
epigrafe, che dell’ordine demolitorio. Premesso che le censure così sollevate
sono da ritenere inammissibili per inesistenza dell’atto impugnato, laddove si
contesta la legittimità del diniego di sanatoria, risultano in ogni caso
infondate, in quanto, come da costante insegnamento giurisprudenziale, “La
notificazione è elemento estrinseco all'atto notificato, che può avere rilievo
solo ai fini della conoscenza dell'atto e della decorrenza dei termini di
impugnazione, ma non influire sulla legittimità dell'atto notificato, di per sè
perfetto ed efficace” (cfr. T.A.R. Roma, Lazio, sez. II, 14 novembre 2001, n.
9366). Parte ricorrente valorizza la natura recettizia dell’atto sanzionatorio
al fine di ritenere che la omessa rituale notifica si tradurrebbe in una
nullità radicale dell’atto; in senso contrario va invece evidenziato che la
piana riconducibilità della fattispecie all’art. 21 bis della l.n.
241/90 (T.A.R. Napoli, sez. VII, 16 aprile 2015, n. 2172; T.A.R. Napoli, sez.
VIII, 07 novembre 2013, n. 4960) consente di configurare la rituale
notificazione quale condizione di efficacia dell’atto e non anche requisito di
validità (Consiglio di Stato, sez. IV, 24 novembre 2014, n. 5802). Le censure
in esame vanno quindi respinte.
III.2 I motivi di doglianze articolati al quarto,
quinto e sesto motivo aggiunto sono inammissibili perché si indirizzano ad
atto, come detto, inesistente.
III.3 Infondati sono, infine, il settimo ed ottavo
motivo aggiunto, con i quali la ricorrente lamenta l’omessa descrizione della
parte del fabbricato da demolire, ricadente sulla particella 874, e la omessa
valutazione dei presupposti per l’applicazione della sanzione pecuniaria ex
art. 34 d.P.R. n. 380/2001, in quanto l’indicazione degli estremi catastali
dell’area di sedime, alla luce delle risultanze esplicitate nel previo atto di
diniego (richiamato ob relationem), costituisce oggettiva
identificazione dell’immobile da demolire. Nemmeno il secondo profilo di
censura è in grado di inficiare l’atto impugnato, in quanto, come da costante
giurisprudenza dalla quale non vi è ragione di discostarsi, l’applicazione
dell'art. 34 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, la valutazione circa la
rilevanza dell'abuso e la possibilità di sostituire la demolizione con la
sanzione pecuniaria deve essere effettuata nel momento in cui, non essendo
stato spontaneamente ottemperato dal privato l'ordine di demolizione, viene
emanato il conseguente ordine di esecuzione in danno. Soltanto nella seconda
fase, pertanto, non può essere ritenuta legittima l'ingiunzione a demolire
sprovvista di qualsiasi valutazione relativa all'entità degli abusi commessi e
alla possibile sostituzione della demolizione con la sanzione pecuniaria
(T.A.R. Genova, Liguria, sez. I, 17 settembre 2015, n. 737).
Il ricorso per motivi aggiunti va conclusivamente
respinto.
IV. Le spese seguono la soccombenza, nei confronti
della controinteressata resistente, e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso n. 1848/2012,
e relativi motivi aggiunti, come in epigrafe proposti da Helga Di Giaimo, li
respinge, come da motivazione.
Condanna la ricorrente al rimborso delle spese di
lite, in favore della controinteressata resistente, nel complessivo importo di
€ 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre IVA, CPA e rimborso forfettario delle
spese generali al 15 %, come per legge.
Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del
giorno 22 ottobre 2015 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Gaudieri, Presidente FF
Giovanni Sabbato, Consigliere, Estensore
Ezio Fedullo, Consigliere
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L'ESTENSORE
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IL
PRESIDENTE
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/01/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc.
amm.)