“Il giovane Hitler” è un film del 2003 trasmesso in TV qualche
settimana fa e ricostruisce l’ascesa al potere di un giovane disadattato,
frustrato da fallimenti personali ed inetto alla vita pratica ma con una
notevole efficacia oratoria, per la
naturale sensibilità di individuare e
sfruttare le debolezze dei suoi interlocutori.
In una nazione prostrata dal peso del debito pubblico, con un
ordinamento politico non più adeguato alla situazione storica, il protagonista favorisce una serie di successive e ravvicinate elezioni politiche per attestare l’ingovernabilità
della nazione e la necessità di misure straordinarie, quali il sostanziale
esautoramento del Capo dello Stato e la progressiva concentrazione dei poteri
costituzionali nel Governo.
Le vicende storiche sono uniche e non riproducibili ma è difficile
resistere alla tentazione di un confronto con la cronaca, dove la
stupida furbizia di un meccanismo elettorale ed il timore di elezioni balneari
hanno dato spunto ad una situazione comica, ma con sviluppi poco gradevoli.
Per sottrarsi all’incapacità di governare, e senza l’onesta di
dichiararlo, si è messa in scena la farsa del contratto governativo, con
procura ad litem conferita a difensore di sfiducia, forse ingenuo, forse
inconsapevole ma che potrà aggiungere al curriculum di aver quasi governato per
tre giorni.
Non si riusciva a trovare un casus belli che potesse far attribuire ad
altri il fallimento, perché il Quirinale digeriva tutto, anche mettere un Esternatore al Ministero dell’Interno e a
quello del Lavoro chi questo verbo non aveva mai coniugato in prima persona.
Fu il caso fortuito, ma propizio, a risolvere l’imbarazzo: chi avrebbe
potuto immaginare che il Governo del Cambiamento si sarebbe vincolato ad un
ottantaduenne transitato da Ministero
del Bilancio, Banca del Lavoro, Impregilo, Gemina, Aeroporti di Roma, TIM,
Capitalia, Banca di Roma, Governo Ciampi e Governo Berlusconi?
Eppure era un nome sgradito, non è ancora chiaro perché, ma tanto
sgradito che bisognava sostenerlo ad ogni costo, per l’adeguato finale della farsa.
Inutile spiegare che il Consiglio dei Ministri è un organo collegiale,
dove nessun Ministro decide senza il consenso degli altri, sicchè la politica
economica si sarebbe potuta cambiare comunque, anche con un altro nome, o assegnando
a quello sgradito una sede in penombra.
Meglio tornare ai mestieri consueti: eccitazione delle folle, sfruttandone
il malessere, e disgregazione nazionale, che, curiosamente, era l’obiettivo
fondativo di un certo Carroccio, che poi però ci ha rinunciato, o no?
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