La decisione di merito fornisce una valutazione sulla
condotta dell’imputato che, nella fattispecie concreta, era risultato presente mentre
altra persona, di sua conoscenza, commetteva i reati di rapina e lesioni
personali.
Il Giudice ha preliminarmente chiarito come “il
nostro ordinamento giuridico penale punisce i reati omissivi solo laddove il
soggetto non abbia evitato un evento che aveva l’obbligo giuridico di impedire
(reati omissivi cd. impropri) ovvero in una situazione tipizzata dal codice
penale non abbia tenuto la condotta richiesta (reati omissivi propri). Non è
invece punibile la mera connivenza, poiché il cittadino, in generale, non è
investito da un dovere di salvaguardia dei beni giuridici altrui”.
Tale decisione fornisce l’occasione per alcune
valutazioni in materia di causalità omissiva e di concorso di persone nel
reato.
Infatti, se il
contributo causale del concorrente può essere anche solo morale e manifestarsi
in forme differenziate ed atipiche (istigazione, agevolazione, autorizzazione,
approvazione), ciò non esime il giudice di merito dall’obbligo di motivare
sulla prova dell’esistenza di una reale partecipazione nella fase ideativa o
preparatoria del reato e di precisare sotto quale forma essa si sia
manifestata, in rapporto di causalità efficiente con le attività poste in
essere dagli altri concorrenti. Non può infatti confondersi l’atipicità della
condotta criminosa concorsuale, pur prevista dall’art. 110 c.p., con
l’indifferenza probatoria circa le forme concrete del suo manifestarsi nella
realtà. (cfr., da ultimo, Cass. Pen., sez. VI, 24 07 2017 n. 36739).
Per la configurabilità del concorso di persone nel
reato è dunque necessario che il concorrente abbia posto in essere un
comportamento esteriore idoneo ad arrecare un contributo apprezzabile alla
commissione del reato, mediante il rafforzamento del proposito criminoso o
l’agevolazione degli altri concorrenti e che il partecipe, per effetto della
sua condotta, idonea a facilitarne l’esecuzione, abbia aumentato la possibilità
di produzione del reato.
E non può ravvisarsi il concorso di persone nel reato
in caso di comportamento meramente negativo, ovvero nel mancato impedimento del
reato, ove non sussista l’obbligo giuridico di impedirlo.
In ragione dell’art. 40 c.p., perché possano considerarsi
penalmente equivalenti la causazione ed il mancato impedimento dell’evento non
è sufficiente accertare il nesso di causalità ipotetica tra l’evento e la
condotta omissiva. E’ anche necessaria la sussistenza di una “posizione di
garanzia” dell’imputato, al quale deve essere stato attribuito uno speciale
obbligo di tutela verso il bene giuridico protetto: si può concorrere mediante
omissione alla realizzazione di un reato commissivo soltanto a condizione che
l’omittente sia garante dell’impedimento dell’evento.
Esclusa dunque una responsabilità per mera omissione,
la presenza fisica alla consumazione del reato può costituire una compartecipazione criminosa solo se sia
servita, consapevolmente, da stimolo all’azione o a rafforzare il proposito delittuoso,
oppure sia chiaramente di adesione all’azione.
Sulla base di queste considerazioni la giurisprudenza
di legittimità ha sempre distinto il
concorso nel delitto da quella che è invece la connivenza, definita come la
consapevolezza che altri stiano commettendo un reato ma concretizzata in un comportamento
meramente passivo, che non costituisce una forma di concorso.
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