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venerdì 11 maggio 2018

CAUSALITA’ OMISSIVA E CONCORSO DI PERSONE: NON E’ PUNIBILE LA MERA CONNIVENZA IN OCCASIONE DI UN REATO (TRIBUNALE DI SALERNO – TERZA SEZIONE PENALE – sentenza n. 311 del 02 02 2018)


La decisione di merito fornisce una valutazione sulla condotta dell’imputato che, nella fattispecie concreta, era risultato presente mentre  altra persona, di sua conoscenza,  commetteva i reati di rapina e lesioni personali.
Il Giudice ha preliminarmente chiarito come  il nostro ordinamento giuridico penale punisce i reati omissivi solo laddove il soggetto non abbia evitato un evento che aveva l’obbligo giuridico di impedire (reati omissivi cd. impropri) ovvero in una situazione tipizzata dal codice penale non abbia tenuto la condotta richiesta (reati omissivi propri). Non è invece punibile la mera connivenza, poiché il cittadino, in generale, non è investito da un dovere di salvaguardia dei beni giuridici altrui”.
Tale decisione fornisce l’occasione per alcune valutazioni in materia di causalità omissiva e di concorso di persone nel reato.
 Infatti,  se  il contributo causale del concorrente può essere anche solo morale e manifestarsi in forme differenziate ed atipiche (istigazione, agevolazione, autorizzazione, approvazione), ciò non esime il giudice di merito dall’obbligo di motivare sulla prova dell’esistenza di una reale partecipazione nella fase ideativa o preparatoria del reato e di precisare sotto quale forma essa si sia manifestata, in rapporto di causalità efficiente con le attività poste in essere dagli altri concorrenti. Non può infatti confondersi l’atipicità della condotta criminosa concorsuale, pur prevista dall’art. 110 c.p., con l’indifferenza probatoria circa le forme concrete del suo manifestarsi nella realtà. (cfr., da ultimo, Cass. Pen., sez. VI, 24 07 2017 n. 36739).
Per la configurabilità del concorso di persone nel reato è dunque necessario che il concorrente abbia posto in essere un comportamento esteriore idoneo ad arrecare un contributo apprezzabile alla commissione del reato, mediante il rafforzamento del proposito criminoso o l’agevolazione degli altri concorrenti e che il partecipe, per effetto della sua condotta, idonea a facilitarne l’esecuzione, abbia aumentato la possibilità di produzione del reato.
E non può ravvisarsi il concorso di persone nel reato in caso di comportamento meramente negativo, ovvero nel mancato impedimento del reato, ove non sussista l’obbligo giuridico di impedirlo.
In ragione dell’art. 40 c.p., perché possano considerarsi penalmente equivalenti la causazione ed il mancato impedimento dell’evento non è sufficiente accertare il nesso di causalità ipotetica tra l’evento e la condotta omissiva. E’ anche necessaria la sussistenza di una “posizione di garanzia” dell’imputato, al quale deve essere stato attribuito uno speciale obbligo di tutela verso il bene giuridico protetto: si può concorrere mediante omissione alla realizzazione di un reato commissivo soltanto a condizione che l’omittente sia garante dell’impedimento dell’evento.
Esclusa dunque una responsabilità per mera omissione, la presenza fisica alla consumazione del reato può costituire  una compartecipazione criminosa solo se sia servita, consapevolmente, da stimolo all’azione o a rafforzare il proposito delittuoso, oppure sia chiaramente di adesione all’azione.
Sulla base di queste considerazioni la giurisprudenza di legittimità ha sempre distinto  il concorso nel delitto da quella che è invece la connivenza, definita come la consapevolezza che altri stiano commettendo un reato ma concretizzata in un comportamento meramente passivo, che non costituisce una forma di concorso.

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