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martedì 30 aprile 2019

CARTINE (14): Norberto Bobbio


“La democrazia  ideale, il governo del popolo e per il popolo, non è mai esistita. Ciò che caratterizza una società democratica è la pluralità dei gruppi economici, corporativi, politici, in continua concorrenza tra loro, ma non selvaggia, perché è regolata da norme che prevedono procedure prestabilite e unanimemente accettate per risolvere i conflitti senza ricorrere all’uso della forza reciproca. La maggior parte di questi conflitti vengono risolti attraverso patteggiamenti tra le parti e accordi fondati su compromessi continuamente rinnovabili. La società democratica è dunque una società pluralistica, agonistica, animata dallo spirito della contrattazione continua.”

(Norberto Bobbio, "PROFILO IDEOLOGICO del '900" - Garzanti, 1986"

sabato 13 aprile 2019

DEPOSITO NELLA CANCELLERIA CIVILE DEI DOCUMENTI NON TRASMISSIBILI IN MODALITA’ TELEMATICA

 

Recentemente mi sono trovato nella necessità di allegare in un giudizio civile documentazione fornita da un Ospedale e registrata in DVD, con un formato diverso da quelli previsti per il deposito telematico.

Non credevo si trattasse di un’operazione problematica, poi ho scoperto che questa eventualità non è prevista dalle norme sul Processo Civile Telematico e che il vuoto legislativo, se non efficacemente colmato, può determinare il panico amministrativo.

Certo, una qualche soluzione comunque si trova, quando personale di cancelleria e magistrati sono dotati di buona volontà ed intelligenza, ma sarebbe opportuno non affidarsi solo alle auspicabili qualità delle persone ed intervenire con prescrizioni di carattere generale, che consentano la certezza del diritto almeno nelle concomitanze burocratiche di un processo.

E’ per questa ragione che ho trovato molto appropriato il protocollo sul Processo Civile Telematico sottoscritto il 05 02 2019 da Magistratura ed Avvocatura della Corte d’Appello di L’Aquila e che, al paragrafo 8,  affronta la questione del deposito di file in formato non consentito dalle Regole Tecniche sul Processo Civile Telematico e lo risolve con questa disciplina:

 

La soluzione è condivisibile, non solo nel contenuto ma anche nel metodo, espressione di un dialogo collaborativo tra Magistrati ed Avvocati  che è indispensabile alla funzione giurisdizionale, la cui efficacia è determinata dall’apporto osmotico di tutti i soggetti coinvolti nel suo svolgimento, inclusi tra questi gli operatori amministrativi.

Alla Giustizia Italiana viene pronosticato un futuro nebuloso, forse funereo se permarrà questa assenza dello Stato, manifestata con normative inconcludenti ed incongruenti, preclusioni  alla meritocrazia,  prevalenza di obiettivi elettorali su quelli politici.

Ma non solo utopico ideale è la Giustizia, concreta come si presenta nei volti e nelle storie di quanti ne hanno fatto il loro mestiere, rischiando oggi di condividerne una sorte malevola.

La volontà, l’accordo, l’impegno intellettuale di questi credo siano  i pochi rimedi ipotizzabili, e nelle piccole questioni quotidiane a volte si manifestano: non bisogna temere di utilizzarli anche in quelle più complesse.

 

 

 


 


lunedì 1 aprile 2019

ESONERO DA RESPONSABILITA’ PER IL CONSIGLIO COMUNALE NELLA FORMAZIONE DEL RENDICONTO DI GESTIONE





Non è infrequente che le Procure della Repubblica contestino il reato di abuso d’ufficio ai consiglieri comunali in riferimento all’approvazione del rendiconto di gestione, ipotizzando che l’approvazione di un documento viziato da irregolarità contabili avrebbe lo scopo di impedire la declaratoria di dissesto ed il conseguente commissariamento dell’Ente, dunque la destituzione dei consiglieri dal loro incarico.
Ma la ricostruzione della normativa sulle competenze e responsabilità degli amministratori comunali chiarisce come la suddetta ipotesi sia infondata.
La disciplina sulla formazione  del rendiconto di gestione è contenuta negli artt. 227 e segg. del D.Lvo 267/2000 (T.U. Enti Locali), dove è previsto il seguente iter procedimentale:
  • la Giunta comunale approva lo schema del rendiconto di gestione;
  • lo schema approvato viene trasmesso ai Consiglieri comunali almeno 20 giorni prima della sessione consiliare;
  • l’organo di revisione contabile predispone una relazione sul rendiconto;
  • il Consiglio comunale delibera sul rendiconto entro il 30 aprile;
Dalla normativa in esame risulta che i componenti del Consiglio comunale non svolgono alcuna attività idonea a determinare la formazione del rendiconto (affidata esclusivamente alla Giunta Comunale) né, tantomeno, il giudizio sulla regolarità contabile, rimesso ai revisori dei conti, che lo esprimono nella relazione.
I revisori dei conti sono infatti tenuti a:
  • attestare la corrispondenza del rendiconto alle risultanze della gestione (art. 239 comma 1 lettera d) D.Lvo 267/2000);
  • riferire all’organo consiliare su gravi irregolarità di gestione (art. 239 comma 1 lettera e) D.Lvo 267/2000);
  • rispondere della veridicità delle proprie attestazioni ed adempiere ai propri doveri con la diligenza del mandatario (art. 240 D.Vo 267/2000);
Il Consiglio comunale non interviene dunque nella formazione del documento contabile, ma è chiamato solo a formalizzare le scelte operate dalla Giunta, potendo riscontare eventuali irregolarità solo attraverso la relazione predisposta dall’organo di revisione, munito della necessaria competenza tecnica.
E’ per tale ragione che la Giurisdizione contabile esclude la responsabilità amministrativa dei componenti del Consiglio comunale nell’attività di deliberazione dei bilanci, qualificandola come atto politico formale di approvazione delle scelte operate dall’organo esecutivo, tale da non determinare un’adesione o un coinvolgimento sulle poste rappresentate (V. Corte dei Conti, sez. II, 15 03 1996 n. 9/A e Sez. Puglia, 19 05 1994 n. 45).
Inoltre, la mancata approvazione del rendiconto di gestione  non influisce direttamente sulla dichiarazione di dissesto dell’Ente, che è procedura del tutto distinta.
Stabilisce infatti l’art. 244 D.L.vo 267/2000 che “Si ha stato di dissesto finanziario se l'ente non può garantire l'assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ovvero esistono nei confronti dell'ente locale crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non si possa fare validamente fronte
Si consideri anche che la dichiarazione di dissesto non comporta la decadenza degli organi istituzionali, i quali sono, invece,  proprio i soggetti obbligati alle procedure di risanamento (Cfr. artt. 245 e segg. D.L.vo 267/2000)
E’ dunque fuorviante confondere le procedure di dissesto finanziario con quelle conseguenti alla mancata approvazione del rendiconto di gestione, che, in ogni caso, non producono affatto l’immediato scioglimento del consiglio comunale.
L’art. 141, comma 2,  D.Lvo 267/2000 prevede infatti che “quando il consiglio non abbia approvato nei termini di legge lo schema di bilancio predisposto dalla giunta, l'organo regionale di controllo assegna al consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine non superiore a 20 giorni per la sua approvazione, decorso il quale si sostituisce, mediante apposito commissario, all'amministrazione inadempiente. Del provvedimento sostitutivo è data comunicazione al prefetto che inizia la procedura per lo scioglimento del consiglio.”
Pertanto, la mancata deliberazione del consuntivo produce solo un intervento sollecitatorio all’approvazione in un termine non superiore a 20 giorni e, solo in caso di ulteriore inadempimento, la nomina di un commissario incaricato della sola deliberazione del rendiconto, con successivo avvio della procedura di scioglimento del consiglio.
La giurisprudenza amministrativa ha ben chiarito che “tutta la procedura prevista nell’art. 141, comma 2 D.Lvo 267/2000 è essenzialmente finalizzata a sollecitare l’approvazione del rendiconto di gestione da parte del competente organo consiliare, ponendosi l’intervento sostitutivo come estrema misura sanzionatoria (…) in altre parole, l’inosservanza del termine di legge per l’approvazione da parte del Consiglio Comunale del rendiconto di gestione non ha come conseguenza automatica lo scioglimento dello stesso, ma comporta l’apertura di un procedimento sollecitatorio, caratterizzato dall’assegnazione di un ulteriore termine acceleratorio, che può anche condurre all’adozione della grave misura dello scioglimento, ma solo a seguito della constatata inadempienza all’intimazione puntuale ed ultimativa dell’autorità prefettizia, che attesti l’impossibilità o la riottosità del Consiglio a procedere all’approvazione del documento contabile anche oltre il termine assegnato” (Così T.A.R. Campania, sez. I, 22 09 2015 n. 4584 ; V. ANCHE TAR MARCHE, Ancona, sez. I, 07 07 2014 n. 704).

E’ sulla scorta di queste considerazioni che la giurisprudenza penale di legittimità, con riferimento al reato ex art. 323 c.p., ha escluso la sussistenza del dolo intenzionale in riferimento all’approvazione di un rendiconto viziato, “giacchè neppure lo scioglimento dell’organo elettivo è evento automaticamente certo, essendo prevista dal Dal D.Lvo 267/200 art. 141 comma 2, nell’ipotesi di mancata approvazione nei termini del bilancio, una complessa procedura, che implica una serie di attività a di adempimenti e di possibilità di arresto della medesima procedura” (Cass. Pen., sez. VI, 11 07 2012 n. 27604 ).