I PRIVILEGIATI DEL LOCKDOWN

Buona parte dei connazionali e concittadini è impegnato ad
incitarci a restare a casa, censurando con variabili epiteti ogni contravventore.
Ma bisognerebbe avvertirli che anche loro beneficiano di
sistematiche difformità dalla permanenza domestica.
Restare a casa si può, anzi, si deve, purchè nutriti del
caffellatte mattutino, della lombatina a pranzo, o mozzarella di bufala, oltre a
quell’abbondante frutta e verdura che garantisce, in tempo di malanni, un
corretto apporto di vitamine ed antiossidanti.
Peccato però che l’allestimento di un tale menù consenta a
panettieri, caseifici, macellai, agricoltori, commessi e cassieri di eludere la
salvaguardia assoluta per restarsene serenamente a lavorare.
E quei pacchi da Amazon? Quanti magazzinieri, spedizionieri e
corrieri si sono assembrati per farceli pervenire ben sigillati alla nostra
sanificata residenza?
E le linee elettriche, idriche e telefoniche? Quanti
sciagurati, con la scusa di garantirne la manutenzione, sfuggono all’alba dall’abitazione
per vagare impuniti anche nella notte?
Per noi, che a casa ci restiamo, l’unico conforto sono quei
continui telegiornali e talk-show, e magari Fabio Insinna, o qualche partita di
pallone, almeno fino a quando anche giornalisti, conduttori e calciatori non
saranno ricondotti all’ordine, cioè al loro domicilio.
Godiamoci questa zona rossa, ultimo esempio di sangue blu, perché
è un segno di privilegio che la maggioranza di connazionali e concittadini non
può vantare.
L’uguaglianza è un rivoluzionario ideale, ma vale la pena
realizzarlo?
Quanti docenti della nostra Campania scenderebbero in piazza
per consentire ai loro colleghi nazionali ed europei l’insegnamento a distanza?
Ce lo spiegò Orwell: anche se combattiamo per essere tutti
uguali otteniamo solo che qualcuno sia più uguale degli altri.
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