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lunedì 27 maggio 2024

LA PENISOLA CHE NON C’E’ (ma bisognerebbe spiegarlo ai parlamentari)


 

Sono nato del 1965; degli anni d’infanzia mi resta nella memoria un’umanità sorridente e spensierata,  impegnata in lavori gratificanti con animo ottimista e fiducia nel futuro. Ma questi bei ricordi non mi hanno mai fatto pensare che il nostro tempo attuale potesse regredire di 59 anni: sarebbe stata una speranza delusa e credo anche immotivata.  Delusa perché la storia è una catena di eventi che si manifestano e si concludono irrimediabilmente; immotivata perché l’esperienza di un bambino è troppo ridotta per poter esprimere un fondato giudizio sul benessere collettivo, che forse era allora molto minore di oggi, solo che non me ne accorgevo.

Difficile che risulti conveniente far regredire la storia per trovare un’epoca migliore: ad esempio se nel 1965 avessi riportato il tempo indietro di 59 anni mi sarei trovato nel 1906, in una nazione molto più povera, privato di molti diritti, tra i quali quello di votare, ed in procinto di affrontare due disastrose guerre internazionali, che causeranno, tra i miei compatrioti, circa un milione di morti.

La rievocazione del passato è una fuga solo immaginaria dalle difficoltà del presente, che sono invece da vivere con tutto il possibile entusiasmo, intravedendo nel futuro quelle opportunità che potranno rendere ancora più felici le prossime generazioni.

Per questa ragione giudico in modo molto negativo quella parte della classe politica che, in occasione delle consultazioni elettorali, espone come suo obiettivo un parziale regresso ad epoche anteriori, come se la contemporaneità fosse solo una circostanza, che può essere mutata quando si vuole.

Propagandare il ritorno a politiche nazionaliste, perchè consentirebbero alle industrie italiane di ritornare a produrre la quantità di autovetture di quarant’anni fa, oppure evocare i vantaggi dell’autonomia geopolitica, non significa fare dichiarazioni azzardate: si tratta di veri e propri inganni nei confronti degli elettori, ai quali si vorrebbe far credere che la storia possa regredire, facendoli magari tornare quei bambini di 59 anni fa.

L’idea di regresso, ma anche di conservazione, è antitetica alla funzione politica; può compiacere la nostalgia degli anziani ma è velenosa per lo spirito vitale delle generazioni posteriori.

I ragazzi contemporanei utilizzano strumenti che gli consentono di stare seduti in cucina mentre guardano un amico che sta viaggiando su un treno indiano, e contemporaneamente di prenotare un aereo per l’Australia mentre ascoltano un programma radiofonico di New Orleans.

Crescono con la convinzione di poter vivere e lavorare in ogni nazione, seguono corsi universitari di ingegneria in lingua inglese, possono leggere documenti pubblicati in tutto il mondo senza mai maneggiare un foglio di carta.

Quando ero alle scuole elementari non avevamo in aula molta strumentazione didattica, ricordo solo una cartina appesa al muro con la raffigurazione dell’Italia Geografica, accanto ad un'altra con l’Italia Politica.

Sono passati più di cinquant’anni, mi auguro che domani, guardandosi attorno, gli studenti possano continuare a concepire confini meno limitati.

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