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martedì 19 febbraio 2013

CHIARE LETTERE (5)


Il tribunale unico dei brevetti e l'esclusione dell'Italia

dal “Corriere della Sera” del 19 02 2013


(a.jac.) È in arrivo un nuovo sistema di tutela dei brevetti che cambierà completamente le regole del gioco.
Ma nessuno in Italia pare abbia ben chiaro quale ne sia l'impatto soprattutto sulla piccola e media impresa.
Si sta costituendo a livello europeo una Corte centralizzata dei brevetti: oggi a Bruxelles dovrebbe essere ratificato da ogni Stato membro della Ue il testo dell'accordo che ne sancisce la nascita.
L'Italia, che ha partecipato alle negoziazioni, si è opposta (senza successo) solo alla decisione di adottare come lingue ufficiali per il brevetto unitario, inglese, tedesco e francese.
«Un aspetto del tutto marginale - sottolinea Gabriel Cuonzo dello studio Trevisan & Cuonzo -.
L'aspetto più delicato della vicenda è l'istituzione di una Corte centralizzata che alla fine avrà come sedi Parigi, Monaco/Düsseldorf e Londra, aspetto che non è stato oggetto di approfondita discussione né a livello comunitario né italiano».
Secondo Cuonzo da noi né le istituzioni né le associazioni imprenditoriali hanno compreso le conseguenze economiche e operative, potenzialmente devastanti, che il nuovo sistema avrebbe sul tessuto industriale italiano, costituito in massima parte dai «piccoli».
Altri Paesi hanno avviato per tempo un dibattito pubblico sul tema: la Spagna, per esempio, ha deciso di non ratificare il testo e il Regno Unito dopo aver prodotto in sede parlamentare uno studio molto dettagliato, è arrivato alla conclusione che la nuova Corte centralizzata potrebbe ostacolare, piuttosto che aiutare, la tutela dei brevetti all'interno dell'Unione Europea, in particolare per le piccole e medie imprese, tanto che ha dato il via libera all'accordo solo una volta stabilito che una delle tre sedi centrali della Corte sia Londra.
«Il problema è anche culturale - spiega Cuonzo -.
L'Italia non è pronta a competere sul piano della tutela brevettuale con Paesi e sistemi industriali infinitamente più avanzati di noi.
Le nostre imprese producono pochi brevetti.
Basti pensare che in base ai dati pubblicati dall'Ufficio Europeo Brevetti, nel 2011, l'Italia ha depositato 4.879 domande di brevetto europeo contro le 6.464 richieste britanniche, le 12.107 francesi, 33.181 tedesche.
Per non parlare delle quasi 60 mila domande Usa».
Dunque, nel nuovo sistema, le imprese italiane rischierebbero di trasformarsi in prede facili per i competitor europei, meglio attrezzati sotto il profilo della tutela brevettuale.
Mentre oggi i brevetti hanno validità territoriale, con il nuovo sistema un'azienda italiana potrebbe essere citata per contraffazione, ad esempio, dalla sezione tedesca della Corte centralizzata che potrebbe deciderne addirittura la chiusura o il sequestro dei prodotti: causa tutta in tedesco, giudice lontano migliaia di chilometri dall'eventuale sede dell'azienda.
Con un aggravio di costi, a fronte di tradizioni giuridiche e sensibilità completamente diverse da quelle nostrane.
«Il trattato in sé non è né bene né male, ma prima di adottarlo bisognerebbe valutarne l'impatto a livello locale.
Siamo di fronte a una globalizzazione europea della giustizia adatta più alle multinazionali a cui può far comodo fare una causa unica in Europa ma per le piccole e medie imprese non si sa».

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