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martedì 17 dicembre 2019

CONSAC: SONO NULLI I CONTRATTI DI FORNITURA NON STIPULATI PER ISCRITTO


Considerato il dibattitto che si è aperto sulle tariffazioni dell'acqua pubblica, si ritiene interessante pubblicare questa sentenza della Cassazione Civile (n° 1549 del 23 01 2018), che fa chiarezza su alcuni aspetti giuridici.
Dopo un articolato excursus normativo sul passaggio di gestione dal Consorzio di Comuni alla Società CONSAC, la Corte ribadisce che il gestore del servizio, benché costituito in società di capitali, continua ad erogare un servizio di natura pubblica attraverso la stipula di un contratto di utenza con i fornitori.
Tale contratto è soggetto all'obbligo della forma scritta imposto a tutti i contratti della Pubblica Amministrazione.
In mancanza di tale forma scritta il contratto di fornitura deve ritenersi nullo
 




 






sabato 26 ottobre 2019

STATO EVASIVO



Come ogni anno, in concomitanza con l'approvazione del bilancio pubblico nazionale, il Governo italiano dichiara che ogni suo intervento è ostacolato dall'evasione fiscale, le cui cifre superano i 191 miliardi di euro.  Forse. 

Dico forse, perchè non ho mai compreso come riesca a calcolarsi la cifra di un'attività che consiste appunto nel nascondere le cifre; praticamente viene annunciato l'ammontare di ciò che non si riesce ad accertare, come se un marito accusasse la moglie di averlo tradito cinque volte, sebbene lui non sia riuscito a scoprire nè dove nè quando nè con chi.
Per ridurre l'evasione, quest'anno verrano utilizzati strumenti innovativi, come il carcere, il limite ai contanti, l'ispezione dei conti bancari e persino le lotterie.
Nemmeno stavolta si è proposto di ripristinare uno strumento potenzialmente molto efficace per indurre i cittadini a pagare: offrirgli dei servizi migliori.
Consideriamo ad esempio le province del meridione italiano, quelle aree qualificate a maggior tasso di evasione fiscale dagli esperti, che però non riescono a spiegarsi le ragioni di questa discrepanza territoriale.
Eppure i residenti di quelle località sono ottime persone: socievoli, creative, anche romantiche, ma sopratutto dotate di una straordinaria salute fisica, che rende superfluo fornirgli un servizio  sanitario pubblico equivalente a quello di altre regioni d'Italia.
Gli ospedali possono dunque essere progressivamente resi inutilizzabili, incentivandone le inefficienze interne o collocandoli dove siano meno raggiungibili, anche per effetto di quei limiti di velocità di 50 ed 80 Km/h che meglio tutelano il conducente ed il suo veicolo.
Veicolo che sarà certamente un fuoristrada, perchè questo esemplare di cittadino non potrebbe con altri mezzi attraversare quelle dune di asfalto rappezzato e sfrantumato che dovrebbero costituire vie di comunicazione.
Se proprio dovesse ammalarsi, potrà comunque accedere ad una capillare rete sanitaria privata, anche convenzionata, purchè riesca a farlo nella prima quindicina del mese, cioè il periodo entro il quale si esauriscono le disponibilità finanziarie regionali, dopodichè occorrerà accedere alla propria tasca, privata.
Un tale accesso è già consueto per chi abbia voluto insistere a generare figli, e adesso deve, in ogni occasione, ricorrere al settore privato, perchè quello pubblico ha ben altre occupazioni a cui dedicarsi.
Basta recarsi in qualunque ufficio per comprenderlo: tra tutela della privacy, responsabile della della sicurezza, anticorruzione, protocollo informatico, pec, rid, pon e pop, come potrebbe un povero dipendente pubblico svolgere anche qualche attività utile?
Di quei particolari uffici pubblici che sono i Tribunali non parlo, ma solo per risparmiare alla commissione disciplinare di sprecare altro tempo ad esaminare richieste di sanzioni nei miei confronti.
Ciò detto, e senza dilungarsi ad approfondire le condizioni esterne degli uffici pubblici, cioè quelle degli edifici, pensiamo che il reddito dei residenti del meridione italiano è sottoposto alla medesima aliquota dei loro connazionali settentrionali, quelli soddisfatti delle prestazioni fornite da sanità, scuola, giustizia ed altri servizi, pubblici.
Se non ci occupiamo anche della restituzione ai cittadini di quanto raccolto con le imposte, è probabile che non sarà solo l'evasione ad aumentare, ma anche l'emigrazione, e non quella verso l'Italia. 

mercoledì 23 ottobre 2019

LA DITTATURA FACCISTA



1984: è il titolo di un romanzo di George Orwell, ma è anche l'anno in cui ha iniziato a diffondersi il personal computer; circostanza che ha indotto ad interpretare il romanzo come una profezia, che si era avverata. L'interpretazione si è rafforzata negli anni successivi, quando lo sviluppo delle connessioni telematiche, facilitando la trasmissione immediata di immagini, ha reso verosimile il permanente controllo sull'attività di ogni individuo, che Orwell aveva immaginato fosse il compito svolto dall'occulto  GRANDE FRATELLO.
Lo stato della rappresentanza politica nell'anno 2019 fa ritenere che un altro soggetto, non più occulto, stia svolgendo un rilevante ruolo sociale; questo soggetto potremmo definirlo il GRANDE FIGLIO UNICO, erede delle tradizionali modalità di aggregazione dei cittadini, come i partiti.
I partiti di massa hanno accompagnato la progressiva estensione del diritto di voto a tutti gli appartenenti ad una comunità politica, ed hanno svolto la funzione di orientare un elettorato sempre più vasto ed eterogeneo con meccanismi di identificazione ed aggregazione, quali i simboli figurativi o quelli ideali, sistematizzati in ideologie.
La creazione ed il consolidamento dei simboli richiedeva l'impegno di risorse fisiche ed economiche, necessarie alla produzione di manifesti, distintivi a spilla, volantini ma sopratutto discussioni pubbliche, nelle quali la formazione dell'orientamento ideologico era sviluppata attraverso il confronto di tesi argomentate.
Con la facilitazione telematica, questa energia risulta superflua; come per altre consuetudini umane, la tecnologia ha reso desueti anche i partiti politici, e per orientare il voto non occorrono  più meccanismi di affratellamento tra elettori e candidati; è sufficiente dotare di uno smartphone il Grande Figlio Unico.
E infatti non esistono più partiti, ma solo facce, con appena sullo sfondo la coloritura di una sigla, che si estinguerà insieme alla faccia.
Non è un fenomeno solo italiano: Trump, Macron, Johnson, sono arrivati al vertice delle più antiche democrazie occidentali passando sopra i partiti politici, non attraverso di essi.
La controindicazione è che la faccia ha una prospettiva di durata esigua rispetto ai simboli di partito: la biologia umana condanna ad un decadimento molto più rapido di quello dimostrato dalla falce e martello, o dallo scudo crociato.
Di conseguenza, dietro queste facce non potranno mai esserci convinzioni che dureranno secoli, e nemmeno decenni, ma solo slogan estemporanei, offerti come stuzzicanti aperitivi. Di un pasto che, però, non si è in grado di cucinare.

martedì 30 aprile 2019

CARTINE (14): Norberto Bobbio


“La democrazia  ideale, il governo del popolo e per il popolo, non è mai esistita. Ciò che caratterizza una società democratica è la pluralità dei gruppi economici, corporativi, politici, in continua concorrenza tra loro, ma non selvaggia, perché è regolata da norme che prevedono procedure prestabilite e unanimemente accettate per risolvere i conflitti senza ricorrere all’uso della forza reciproca. La maggior parte di questi conflitti vengono risolti attraverso patteggiamenti tra le parti e accordi fondati su compromessi continuamente rinnovabili. La società democratica è dunque una società pluralistica, agonistica, animata dallo spirito della contrattazione continua.”

(Norberto Bobbio, "PROFILO IDEOLOGICO del '900" - Garzanti, 1986"

sabato 13 aprile 2019

DEPOSITO NELLA CANCELLERIA CIVILE DEI DOCUMENTI NON TRASMISSIBILI IN MODALITA’ TELEMATICA

 

Recentemente mi sono trovato nella necessità di allegare in un giudizio civile documentazione fornita da un Ospedale e registrata in DVD, con un formato diverso da quelli previsti per il deposito telematico.

Non credevo si trattasse di un’operazione problematica, poi ho scoperto che questa eventualità non è prevista dalle norme sul Processo Civile Telematico e che il vuoto legislativo, se non efficacemente colmato, può determinare il panico amministrativo.

Certo, una qualche soluzione comunque si trova, quando personale di cancelleria e magistrati sono dotati di buona volontà ed intelligenza, ma sarebbe opportuno non affidarsi solo alle auspicabili qualità delle persone ed intervenire con prescrizioni di carattere generale, che consentano la certezza del diritto almeno nelle concomitanze burocratiche di un processo.

E’ per questa ragione che ho trovato molto appropriato il protocollo sul Processo Civile Telematico sottoscritto il 05 02 2019 da Magistratura ed Avvocatura della Corte d’Appello di L’Aquila e che, al paragrafo 8,  affronta la questione del deposito di file in formato non consentito dalle Regole Tecniche sul Processo Civile Telematico e lo risolve con questa disciplina:

 

La soluzione è condivisibile, non solo nel contenuto ma anche nel metodo, espressione di un dialogo collaborativo tra Magistrati ed Avvocati  che è indispensabile alla funzione giurisdizionale, la cui efficacia è determinata dall’apporto osmotico di tutti i soggetti coinvolti nel suo svolgimento, inclusi tra questi gli operatori amministrativi.

Alla Giustizia Italiana viene pronosticato un futuro nebuloso, forse funereo se permarrà questa assenza dello Stato, manifestata con normative inconcludenti ed incongruenti, preclusioni  alla meritocrazia,  prevalenza di obiettivi elettorali su quelli politici.

Ma non solo utopico ideale è la Giustizia, concreta come si presenta nei volti e nelle storie di quanti ne hanno fatto il loro mestiere, rischiando oggi di condividerne una sorte malevola.

La volontà, l’accordo, l’impegno intellettuale di questi credo siano  i pochi rimedi ipotizzabili, e nelle piccole questioni quotidiane a volte si manifestano: non bisogna temere di utilizzarli anche in quelle più complesse.

 

 

 


 


lunedì 1 aprile 2019

ESONERO DA RESPONSABILITA’ PER IL CONSIGLIO COMUNALE NELLA FORMAZIONE DEL RENDICONTO DI GESTIONE





Non è infrequente che le Procure della Repubblica contestino il reato di abuso d’ufficio ai consiglieri comunali in riferimento all’approvazione del rendiconto di gestione, ipotizzando che l’approvazione di un documento viziato da irregolarità contabili avrebbe lo scopo di impedire la declaratoria di dissesto ed il conseguente commissariamento dell’Ente, dunque la destituzione dei consiglieri dal loro incarico.
Ma la ricostruzione della normativa sulle competenze e responsabilità degli amministratori comunali chiarisce come la suddetta ipotesi sia infondata.
La disciplina sulla formazione  del rendiconto di gestione è contenuta negli artt. 227 e segg. del D.Lvo 267/2000 (T.U. Enti Locali), dove è previsto il seguente iter procedimentale:
  • la Giunta comunale approva lo schema del rendiconto di gestione;
  • lo schema approvato viene trasmesso ai Consiglieri comunali almeno 20 giorni prima della sessione consiliare;
  • l’organo di revisione contabile predispone una relazione sul rendiconto;
  • il Consiglio comunale delibera sul rendiconto entro il 30 aprile;
Dalla normativa in esame risulta che i componenti del Consiglio comunale non svolgono alcuna attività idonea a determinare la formazione del rendiconto (affidata esclusivamente alla Giunta Comunale) né, tantomeno, il giudizio sulla regolarità contabile, rimesso ai revisori dei conti, che lo esprimono nella relazione.
I revisori dei conti sono infatti tenuti a:
  • attestare la corrispondenza del rendiconto alle risultanze della gestione (art. 239 comma 1 lettera d) D.Lvo 267/2000);
  • riferire all’organo consiliare su gravi irregolarità di gestione (art. 239 comma 1 lettera e) D.Lvo 267/2000);
  • rispondere della veridicità delle proprie attestazioni ed adempiere ai propri doveri con la diligenza del mandatario (art. 240 D.Vo 267/2000);
Il Consiglio comunale non interviene dunque nella formazione del documento contabile, ma è chiamato solo a formalizzare le scelte operate dalla Giunta, potendo riscontare eventuali irregolarità solo attraverso la relazione predisposta dall’organo di revisione, munito della necessaria competenza tecnica.
E’ per tale ragione che la Giurisdizione contabile esclude la responsabilità amministrativa dei componenti del Consiglio comunale nell’attività di deliberazione dei bilanci, qualificandola come atto politico formale di approvazione delle scelte operate dall’organo esecutivo, tale da non determinare un’adesione o un coinvolgimento sulle poste rappresentate (V. Corte dei Conti, sez. II, 15 03 1996 n. 9/A e Sez. Puglia, 19 05 1994 n. 45).
Inoltre, la mancata approvazione del rendiconto di gestione  non influisce direttamente sulla dichiarazione di dissesto dell’Ente, che è procedura del tutto distinta.
Stabilisce infatti l’art. 244 D.L.vo 267/2000 che “Si ha stato di dissesto finanziario se l'ente non può garantire l'assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ovvero esistono nei confronti dell'ente locale crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non si possa fare validamente fronte
Si consideri anche che la dichiarazione di dissesto non comporta la decadenza degli organi istituzionali, i quali sono, invece,  proprio i soggetti obbligati alle procedure di risanamento (Cfr. artt. 245 e segg. D.L.vo 267/2000)
E’ dunque fuorviante confondere le procedure di dissesto finanziario con quelle conseguenti alla mancata approvazione del rendiconto di gestione, che, in ogni caso, non producono affatto l’immediato scioglimento del consiglio comunale.
L’art. 141, comma 2,  D.Lvo 267/2000 prevede infatti che “quando il consiglio non abbia approvato nei termini di legge lo schema di bilancio predisposto dalla giunta, l'organo regionale di controllo assegna al consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine non superiore a 20 giorni per la sua approvazione, decorso il quale si sostituisce, mediante apposito commissario, all'amministrazione inadempiente. Del provvedimento sostitutivo è data comunicazione al prefetto che inizia la procedura per lo scioglimento del consiglio.”
Pertanto, la mancata deliberazione del consuntivo produce solo un intervento sollecitatorio all’approvazione in un termine non superiore a 20 giorni e, solo in caso di ulteriore inadempimento, la nomina di un commissario incaricato della sola deliberazione del rendiconto, con successivo avvio della procedura di scioglimento del consiglio.
La giurisprudenza amministrativa ha ben chiarito che “tutta la procedura prevista nell’art. 141, comma 2 D.Lvo 267/2000 è essenzialmente finalizzata a sollecitare l’approvazione del rendiconto di gestione da parte del competente organo consiliare, ponendosi l’intervento sostitutivo come estrema misura sanzionatoria (…) in altre parole, l’inosservanza del termine di legge per l’approvazione da parte del Consiglio Comunale del rendiconto di gestione non ha come conseguenza automatica lo scioglimento dello stesso, ma comporta l’apertura di un procedimento sollecitatorio, caratterizzato dall’assegnazione di un ulteriore termine acceleratorio, che può anche condurre all’adozione della grave misura dello scioglimento, ma solo a seguito della constatata inadempienza all’intimazione puntuale ed ultimativa dell’autorità prefettizia, che attesti l’impossibilità o la riottosità del Consiglio a procedere all’approvazione del documento contabile anche oltre il termine assegnato” (Così T.A.R. Campania, sez. I, 22 09 2015 n. 4584 ; V. ANCHE TAR MARCHE, Ancona, sez. I, 07 07 2014 n. 704).

E’ sulla scorta di queste considerazioni che la giurisprudenza penale di legittimità, con riferimento al reato ex art. 323 c.p., ha escluso la sussistenza del dolo intenzionale in riferimento all’approvazione di un rendiconto viziato, “giacchè neppure lo scioglimento dell’organo elettivo è evento automaticamente certo, essendo prevista dal Dal D.Lvo 267/200 art. 141 comma 2, nell’ipotesi di mancata approvazione nei termini del bilancio, una complessa procedura, che implica una serie di attività a di adempimenti e di possibilità di arresto della medesima procedura” (Cass. Pen., sez. VI, 11 07 2012 n. 27604 ).